Le Atp Finals di Londra sono state uno spettacolo non solo per il livello del gioco durante tutta la settimana e per almeno due partite da hall of fame (la finale con il nuovo Federer samprasizzato e soprattutto la semifinale fra Nadal e Murray), ma anche per un contesto ambientale straordinario. La tristezza e il gelo di molti tornei indoor, anche del genere 1000, all O2 Arena non è esistita: pubblico numeroso anche di pomeriggio e anche per i doppi, vippame di notorietà internazionale e con un passato vero (Maradona e Ron Wood qualche cosa in vita loro l'hanno fatta), tifo più caldo che a Wimbledon ma comunque sempre ben sotto i confini della beceraggine.
Tutt'altra cosa, con tutto il rispetto per chi mette i soldi in uno sport che senza sponsor sarebbe morto, rispetto a Shangai, Houston, Lisbona. Il resto l'hanno messo i tennisti, dando quasi tutti il meglio di se stessi (tranne forse Djokovic in semifinale) e chiudendo alla grande un 2010 che rimane l'anno di Nadal ma che si è chiuso con un Federer semi-nuovo. Capace a 29 anni di modificare leggermente il suo gioco, cosa che nessun suo concorrente al trono di più grande di tutti i tempi è stato capace di fare: più rischi nella risposta da sinistra, con spostamenti anticipati alla Sampras, più slice, meno colpi interlocutori (interlocutori solo quando l'avversario è Nadal e la superficie è semi-lenta come a Londra, perché con tutti gli altri sarebbero quasi vincenti), soprattutto la capacità di suscire dalla diagonale diritto di Nadal-suo rovescio incrociato che è stata più di tutti gli altri fattori (non ultimi quelli psicologici) la vera causa del suo bilancio perdente negli scontri diretti con lo spagnolo. In tutte e cinque le partite delle Finals, a dire il vero, il rovescio incrociato ha funzionato a meraviglia al punto che non è assurdo pensare a una sorta di marcia di avvicinamento alla partita che più di tutte gli interessava.
Il bello è che questa fantastica rivalità, superiore come durata a tutte quelle del passato Open (quella più famosa, Borg-MecEnroe, ad alto livello durò solo tre stagioni), si allungherà almeno fino ai Giochi di Londra: una manifestazione a cui Federer tiene tantissimo, come provato dalla smodata esultanza di Pechino dopo il doppio vinto con Wawrinka. Il brutto è che gli 'altri' hanno alzato il proprio livello ma rischiano di non durare abbastanza per vedere il declino vero dei due fenomeni: il tennis di Murray è mentalmente e fisicamente estremo, non fosse altro che per la difficoltà nel difendere i propri turni di battuta, quello di Djokovic è superlativo contro chi ne subisce le progressioni ma non contro chi sa cambiare ritmo, Soderling e Berdych possono in teoria battere i magnifici due su qualsiasi superficie (in particolare lo svedese) ma non giocare al massimo sempre in un grande torneo, i giovani veri (ricordiamo che Djokovic e Murray hanno 23 anni, uno solo meno del vecchio Nadal!) sono lontanissimi.
Uscendo dalle statistiche e dai ranking, dopo i primi quattro quelli che hanno più margine a livello di vincere un torneo dello Slam sembrano Tsonga (13 del mondo, più anziano di Nadal) e volendo proprio scommettere Gulbis (numero 24). Baby-fenomeni non se ne vedono, anche se nel tennis maschile le prime impressioni a volte ingannano. Anno 1989, torneo di Arlesheim (paese vicino a Basilea) per Under 10. Due bambini di 8 anni, che in futuro diventeranno grandi amici, giocano uno contro l'altro: Marco Chiudinelli batte Roger Federer al termine di una partita tiratissima. Rimarrà l'unica sua vittoria nei tanti, soprattutto a livello giovanile, scontri diretti. Ma del resto contro Federer perderanno quasi sempre tutti. Tranne uno.