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Sono affari di famiglia

Redazione

3 dicembre 2010

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E’ tempo di curiose sfide in famiglia nel calcio svizzero. Mercoledì scorso è toccato ai fratelli Degen, David e Phillip, incontrarsi per la terza volta da avversari (in precedenza ci furono un incrocio in Super League, Aarau-Basilea, e uno in Bundesliga, Borussia Mönchengladbach-Borussia Dortmund), la prima però in ambito internazionale. Sotto la neve che scendeva copiosa a Berna, lo Young Boys si giocava l’accesso ai quarti di finale contro il già qualificato Stoccarda; David, cursore destro degli svizzeri, contro Phillip, terzino dei tedeschi. Ha vinto nettamente il primo, aprendo le marcature con un tiro dal limite e risultando tra i migliori in campo nel 4-2 che ha assicurato ai giallo-neri il matematico passaggio del turno ad una giornata dalla conclusione della fase a gironi. Scendendo invece di categoria, domenica sarà invece in programma la sfida-salvezza in Challenge League (la B elvetica) tra i due fanalini di coda Yverdon e Locarno, con Stefano Maccoppi da una parte della barricata e Andrea Maccoppi dall’altra. Padre contro figlio. Il primo, ex calciatore con trascorsi in Serie A (tra le sue squadre si ricordano Como, Bari e Vicenza), siede sulla panchina del club vodese. Il secondo invece, 23 anni, guida il centrocampo dei ticinesi.  I due avevano lavorato assieme nelle giovanili della Sampdoria, un’esperienza che il giovane Andrea – alla prima esperienza all’estero dopo un inizio di carriera a cavallo tra B e C2 con Piacenza, Lecco, Varese e Pizzighettone - preferirebbe non ripetere. “Diciamo che non è il mio sogno quello di essere un suo giocatore, e gliel’ho detto più volte”, ha dichiarato il giocatore in un’intervista al quotidiano ticinese Il Giornale del Popolo. “È una situazione che mi metterebbe a disagio e non sarei tranquillo”. Stefano Maccoppi viene ricordato quale solido e arcigno centrocampista difensivo con compiti quasi esclusivamente di rottura. Per contro il figlio Andrea, ancora alla ricerca del suo primo gol da professionista, è maggiormente tecnico, detta il passaggio e agisce nel cuore della manovra. “Mio padre era un “martellatore” di prima categoria, mentre io gioco più di fioretto”. Una caratteristica che nei bassifondi della Challenge League non sempre risulta efficace. Lo dimostra proprio la situazione di classifica del Locarno, squadra che prova sempre a “giocare” la partita senza abbandonarsi ad approcci troppo speculativi. Dal Lido però servirà soprattutto uscire con i tre punti. Papà permettendo. Alec Cordolcini

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