Presente quei momenti in cui qualcosa di banale vi permette di capire tutto d’improvviso, come in un flash? A noi è successo ieri sera, all’inizio di Milan-Ajax. Il telecronista Sky (Compagnoni, ci pare) sta presentando la partita quando le squadre si allineano a centrocampo e parte l’inno della Champions. La tronfia musichetta che instilla in chiunque l’idea che sta per assistere non a una partita di calcio, bella o brutta, importante o superflua, ma alla sfida finale tra Bene e Male il giorno dell’Apocalisse. Il telecronista smette improvvisamente di parlare per fare ascoltare l’inno della Champions. Come fosse un inno nazionale! Come fosse partito il papparaba-paraba-parababbababbabbà di Mameli, o God save the Queen. Invece è una banalissima musichetta che un inglese ha scopiazzato manco 20 anni fa da Haendel.
Il flash è stato che il telecronista aveva perfettamente ragione a omaggiare questa musica, e a riprendere il suo discorso solo a disco finito. Sky ha il dovere di adorare devotamente la Champions: dall’anno prossimo la Rai non la trasmetterà più, avendo deciso di non rinnovare l’osceno contratto con cui se l’era aggiudicata quattro anni fa, 27 milioni di euro a stagione per gli highlights e una partita per turno, tassativamente una del mercoledì e quindi con il 50% di chance di essere poco o per nulla interessante, senza contare il mare di polemiche quando una squadra italiana non veniva trasmessa per un bel pezzo (l’anno scorso successe per la Fiorentina, se vi ricordate). Si pensava che il no fosse una mossa per strappare un prezzo più basso, invece è troppo fine un bluff così per i cervelloni Rai.
Facciamo il punto. Mediaset ce l’ha sul digitale terrestre, a pagamento, quindi non ha interesse a trasmetterla anche gratis. Gli unici altri che potrebbero fare qualcosa sono a La 7, dove non navigano esattamente nell’oro. Ergo, questa è la fine della Champions League in chiaro. E la cosa più inquietante è che la notizia è passata pressoché sotto silenzio. Anzi peggio, è stata accolta con la rassegnazione di chi aspetta solo la morte di qualcuno per non vederlo più soffrire, non con la rabbia di chi vuole almeno provare a lottare. Un’eutanasia della Champions e forse - simbolicamente - di tutto il calcio in chiaro. Ora quindi Sky potrà spupazzarsi il prodotto come meglio crede, moltiplicando le parabole sui tetti italici più che con gli orridi spot di Fiorello. Sbagliano o no i suoi telecronisti ad ascoltare con devozione e commozione l’inno della Champions?
Livio Balestri
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