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Il weekend hegeliano di Benitez

Hegeliano. Il weekend dominato dalla vittoria mondiale dell’Inter, a cui è seguito lo sfogo-ultimatum di Benitez che probabilmente gli costerà la panchina, è stato un weekend hegeliano, se ci passate l’aggettivo. Televisivamente invece c’è stato l’ennesimo trionfo del calcio d’elite, quello per molti ma non per tutti, quello che si deve pagare per vedere.

Redazione

20 dicembre 2010

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Hegeliano. Il weekend dominato dalla vittoria mondiale dell’Inter, a cui è seguito lo sfogo-ultimatum di Benitez che probabilmente gli costerà la panchina, è stato un weekend hegeliano, se ci passate l’aggettivo. La base della filosofia di Hegel era che la storia si evolve dalla contrapposizione di due opposti, la tesi e l’antitesi, da cui nasce la sintesi, quindi il progresso. Ma non sappiamo bene che sintesi fare delle varie tesi e antitesi di questi giorni, che per il momento ci sembrano più un bizzarro melange che altro. Appunto, la vittoria (tesi) e le frasi di Benitez (antitesi). Televisivamente invece c’è stato l’ennesimo trionfo del calcio d’elite, quello per molti ma non per tutti, quello che si deve pagare per vedere. In questo caso non il satellite di Sky, ma il digitale terrestre di Mediaset, che aveva l’esclusiva sul canale Premium. Trionfo (tesi), ma dati d’ascolto bassini (antitesi): l’Auditel accredita solo 706mila spettatori (neanche il 4% di share), ovvero meno di Milan-Roma, che si poteva vedere anche su Sky, e che su Premium è stato visto da 868mila persone. Probabile che sia stato, in realtà, il trionfo dei bar, come quando la tv nacque in italia negli anni Cinquanta. Ascolti a parte, bisogna dire che Premium ha fatto un buon lavoro di copertura dell’evento: servizi accurati, uno studio che metteva assieme il diavolo e l’acqua santa ovvero Sacchi e Trapattoni (anche qui tesi e antitesi), tante interviste. Insomma, bene. Però con la sorpresa di ritrovare un Piccinini un po’ imbolsito. Confessiamo di non essere abbonati al canale, quindi da tempo non avevamo più sue notizie. D’accordo, dice sempre sciabolata, pericolo, e tutte le cose che ha inventato lui e che hanno cambiato (non necessariamente in bene) il modo di fare telecronaca in Italia. Però le sue urla ci sono sembrate meno convinte e roboanti di una volta. Poi abbiamo capito che non è colpa sua, ma nostra: ci siamo mitridatizzati, cioè assuefatti a qualcuno di ancor più enfatico e potente nel grido, cioè Caressa. Insomma, Piccinini è stato sorpassato a destra (o a sinistra, fate voi). Altra contrapposizione è stata tra la bruttezza delle partite dell’Inter - per colpa non dei nerazzurri, ma di due avversari che definire scadenti è fargli un complimento - e l’enfasi del contorno. Un grottesco profluvio di coriandoli e paillettes al momento della premiazione, una coppa di rara bruttezza (intendiamo proprio il trofeo), musicacce brutte di sottofondo, il tutto quasi a cercare di compensare il pessimo spettacolo visto prima. E a confermare uno dei versi più belli di Enzo Jannacci, uno degli slogan del nostro tempo: “e se hai in mano solo mosche prova a dargli anche del tu”. Quando poi, come inevitabile, si confrontava tutto questo con le immagini delle due precedenti vittorie mondiali dell’Inter il contrasto era ancora più stridente: sarà il biancoenero sbiadito, ma allora tutto sembrava semplice e contenuto, una partita o due, poi si alzava la coppa (molto più bella) al cielo e tutto suppergiù finiva lì. E dell’imbruttimento e dell’involgarimento anche di questo trofeo, come in generale del calcio, la tv ha gran parte delle colpe. Perché a nostro modestissimo avviso la qualità media del calcio sta andando sempre più calando (ci sono naturalmente, essendo appunto una media, alti e bassi), anzitutto per la sua trasformazione iper-atletica e muscolare, e proprio in coincidenza con il crescere delle tecnologie di ripresa e di trasmissione. Per cui le tv devono rimediare con primissimi piani, replay esasperati da mille inquadrature, telecamere che ficcanasano dappertutto. Il calcio da sport diventa spettacolo. Però spettacolo brutto. E infatti la peggiore immagine di questo mondiale per club è quella che molti, a partire dagli interisti, considerano la più bella (anche qui tesi e antitesi): l’esultanza di Eto’o al suo gol in finale. Anzitutto per la sua incomprensibilità (ma ormai esiste un’esultanza di calciatore che una persona qualsiasi può capire? Tutte hanno sottotesti, sottotracce, retroscena che resteranno ignoti): quei sacchetti della spesa agitati come un forsennato facevano pensare più a una colf nevrotica che a un campione. Poi perché – se è vero quanto ha rivelato Controcampo ieri sera – trattasi di una coreografia pensata da Materazzi (ridateci Japino) ispirandosi alla gioia di Lino Banfi a una rete di Aristoteles nel film “L’allenatore nel pallone”. E se adesso Moratti, conoscendolo ne sarebbe capace, ingaggia Oronzo Canà al posto di Benitez, sapete di chi è la colpa. Livio Balestri telecommando@hotmail.it

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