Josè Mourinho avrebbe devoluto volentieri una ( magari esigua) percentuale delle sue napoleoniche prebende pur di presentarlo al via di questa Champions League di blanco vestito. Lo stesso discorso si poteva fare un anno fa, quando il tecnico portoghese fece il possibile e anche qualcosa di più per portare Didier Drogba all’Inter. Ma in quei giorni Massimo Moratti se la cavò con una serie di dribbling che nemmeno Beccalossi, nell’anno dello scudetto, seppe fare. Mandò Oriali a Londra accertandosi che lo sapessero tutti, lo fece incontrare con i dirigenti del Chelsea, fece sapere a tutti che le richieste erano eccessive sia per l’attaccante sia per gli altri due pupilli di Mou, Ricardo Carvalho e Deco. Tattica perfetta, visto che il presidente aveva deciso di puntare su Milito, Sneijder e Lucio. I fatti hanno dato ragione a Moratti, che già negli ottavi di finale della scorsa Champions si è sbarazzato dei Blues.
Tutto questo non significa che Drogba sia un giocatore di secondo piano. Anzi. È sempre meglio averlo come compagno che come avversario. Chiedere a chi l’ha marcato almeno una volta per conferma. Il fatto è che fare l’allenatore con uno così in squadra è il mestiere più facile del mondo.
Prima si prova a segnare tenendo la palla per terra. Se il gol non arriva, basta cominciare ad alzare e allungare i lanci. Ci sono buone probabilità che dalle parti dell’area avversaria la prenda lui invece che i difensori. Poi qualcosa succede. Magari segna lui o magari segna quello che ha l‘ intuizione giusta e lo segue. Ancelotti ha vinto molte partite così, Mourinho ai tempi del Chelsea non si preoccupava nemmeno della prima fase, quella un po’ più spettacolare che prevede qualche schema offensivo combinato. Sulla lavagna poteva scrivere tranquillamente: palla a Didier e tutti ad abbracciarlo.
Oggetto esplicito del desiderio per la categoria degli allenatori, Didier Drogba è anche ispiratore di sogni proibiti per buona parte del sesso femminile. Il narcisismo con cui esibisce pettorali e addominali quando esulta lascia immaginare paradisi testosteronici. Il look un po’ selvaggio, infatti, ha fatto stragi di cuori in questi anni.
Gira voce che qualche showgirl operante nell’area milanese abbia tentato di intercedere presso Moratti per favorire l’arrivo del centravantone della Costa d’Avorio. Può darsi che siano solo favole, però i frequentatori delle discoteche vip del divertimentificio di corso Como giurano di vederlo ogni tanto la domenica sera quando gli impegni del Chelsea non sono imminenti. Ovviamente Didier Drogba non può passare inosservato come un qualunque medianello di Prima Divisione. Noblesse oblige e di sosia in giro ce ne sono pochi.
Difficile trovare anche un sosia dal punto di vista tecnico e tattico. Drogba è uno dei pochi giocatori che, con un’espressione ormai in disuso, “ fanno reparto da soli”.
Nel campionato italiano qualche anno fa quel tipo di lavoro tattico poteva riuscire a farlo BoboVieri, adesso nessuno. Ma c’è una sostanziale differenza tra Drogba e il migliorVieri. L’ivoriano sembra nato per giocare a calcio. Ha un talento naturale e innato, ha un rapporto con il pallone che sembra sgorgare dal profondo dell’anima. Vieri invece no: la tecnica l’ha imparata a forza di sacrifici, di ore passate a calciare su campi polverosi e ha avuto un cammino più difficile verso la gloria. Drogba fa tutto come se stesse bevendo una tazzina di caffè. Gli può arrivare un lancio da mille metri: stoppa il pallone con il suo maxitorace, lo mette giù e crea un’occasione da gol per la sua squadra. Può tirare un calcio di punizione con la potenza di Roberto Carlos e la precisione di Roberto Baggio. Oppure, può entrare in una combinazione tutta di prima stile flipper: assist o conclusione. Comunque vada sarà un successo.
Non ha un carattere facile, questo è vero. Ma i suoi non sono capricci alla Ibrahimovic o cassanate. A un certo punto perde la pazienza e manda tutti a quel paese. Magari perché l’hanno menato troppo durante la partita, o magari perché i compagni stanno approfittando un po’ troppo della sua presenza delegando tutto a lui.
Gli parte la brocca e allora è meglio non essere l’oggetto della sua ira. Se lo ricorda bene l’arbitro Ovrebo, al quale Drogba disse di tutto dopo la fine della semifinale di Champions Chelsea- Barcellona di due stagioni fa. Lo scontro fisico fu evitato per un soffio. Sarebbe finita malissimo, soprattutto se ci si ricorda bene la faccia di Drogba con gli occhi iniettati di sangue e il dito minaccioso che indicava la testa pelata del fischietto norvegese. Senza l’improvviso azionamento dei freni inibitori, oggi il numero 11 della squadra di Abramovich non potrebbe aspirare a essere una stella della nuova Champions. Non avrebbe disputato nemmeno quella precedente.
Nonostante il grande fascino che esercita sul mondo femminile, Drogba non ha un posto stabile nelle pagine gossip dei tabloid. Ha una moglie maliana ( Laila) e tre figli e l’immagine esterna è di una famiglia unita e non c’è ragione di indagare oltre. E alla fine di tutto, l’Inghilterra è il posto giusto per lui: ci sta bene e non ha mai avuto desideri compulsivi di fuga. A parte una volta, quando il Chelsea esonerò Mourinho e Didier si schierò apertamente dalla parte del tecnico, annunciando l’addio imminente ai Blues.
Ma Londra non è in Italia, quindi i tifosi del Chelsea dimenticarono velocemente quel presagio di tradimento e ricominciarono a esultare ai suoi gol. Anche dopo lo scontro con Ovrebo ci fu un momento di tensione, i giornali gli diedero del pazzo, ma poi si medica tutto. Anche perché uno come Drogba ha molti argomenti per farsi perdonare: in campo, nonostante i 32 anni e mezzo abbondanti, ha ancora l’agilità di un ventenne e la forza di un toro.
Se è facile fare l’allenatore quando si ha in squadra uno così, altrettanto facile è il mestiere di tifoso. Mourinho dovrà farsene una ragione, rassegnarsi a trovarselo di fronte come avversario. E magari dare questa consegna tattica a Ricardo Carvalho e Iker Casillas: quando prende la palla lui, dite velocemente una preghiera.
di Leonardo Silva
Tratto dal Gs Storie numero 8 - Le stelle di Champions