Questa mattina, grazie al cortese invito del direttore generale della Lega Marco Brunelli, ho intervistato Cesare Prandelli all’università di Parma, davanti a molti studenti e in occasione del quindicesimo anno di vita del “Master Internazionale in Strategia e Pianificazione delle Organizzazioni degli Eventi e degli Impianti Sportivi”, nato nel 1996 come corso post-laurea. Per inciso, il più riconosciuto e completo in Italia.
Con Prandelli si è parlato di tutto. Dei settori giovanili in difficoltà, della moviola in campo, degli atteggiamenti sbagliati di molti calciatori nel protestare durante la gara e alla fine, critica dalla quale il Ct non ha coraggiosamente sottratto colleghi allenatori e presidenti, ma pure di Cassano e Balotelli, argomenti quasi imposti dall’attualità (a proposito: se Antonio starà bene, e non vedo perché non dovrebbe, sarà convocato per l’amichevole del 9 febbraio contro la Germania). Ma abbiamo parlato anche e soprattutto della difficoltà di far ripartire il nostro movimento quando tutti i maggiori club che lo rappresentano hanno solo stranieri in squadra. E se si ritrovano un Balotelli, beh, lo cedono al Manchester City.
Cesare ha ricordato come nella sua prima uscita da Ct per la finale di Supercoppa italiana tra Inter e Roma, agosto scorso, ci fossero appena tre connazionali in campo. Lontani i tempi in cui Bearzot poteva contare su un blocco juventino, altrettanto distante la Juve azzurra del 2006 sulla quale Lippi costruì il quarto Mondiale.
Ho visto Prandelli preoccupato. Giustamente preoccupato. E non potrebbe essere altrimenti quando per mettere insieme un gruppo di trenta azzurri devi andare a pescare tra le pericolanti per la B o all’estero, verso cui il Ct guarda con speranza (in aula magna ha citato il caso di Giuseppe Rossi). Per questa stessa ragione, a una domanda che gli ho fatto sull’apertura agli oriundi, la sua risposta è stata secca: “È già nelle cose”. Come dire che se la Francia gioca da decenni con i colored, e così anche al Germania o l’Inghilterra, perché l’Italia dovrebbe chiudere le porte, specie se non esistono alternative interne?
Insomma, se serviva, dopo stamane tifo ancora di più per Prandelli e per la sua Nazionale. Lo conosco da molti anni, lo apprezzo dai tempi in cui vinceva il Viareggio con l’Atalanta o in cui saliva dalla B con Verona e Venezia. Lo ho ammirato nel pudore del suo dolore. Tra Parma e Firenze, con i quarti posti raggiunti per un intero triennio, ha fatto un capolavoro. Ma stamattina ho capito che il compito più duro lo avrà adesso, perché il materiale scarseggia e molti - forse - non se ne rendono conto. Credendo che sia solo un problema suo, quando invece è di tutti. Forza Cesare.