Quella volta l’intreccio portò ad un finale tragico. C’era una volta il Bari di Eugenio Fascetti, 20 punticini, 5 vittorie, 5 pareggi appena, 24 sconfitte in tutto. C’erano una volta i Cassano Antonio, gli Osmanovski Yskel, i De Rosa Gaetano: indiziati di un’annata storta, nata male e finita anche peggio, sfumata nello spazio-incubo per quella retrocessione in Serie B annoverata tra i record (negativi) di sempre. Di anni ne sono passati dieci, dieci esatti da quella storia senza lieto fine. Ma basta sbirciare i numeri del Bari di oggi, targato Giampiero Venuta, per accorgersi delle straordinarie somiglianze con quello della stagione 2000-01, campionato a 18 squadre. Somiglianze inquietanti, certo, che tutto il popolo barese preferirebbe non vedere né sentire. Perché la sconfitta rimediata a Cagliari, domenica sul terreno del Sant’Elia, spinge il Bari sempre più in fondo alla classifica.
Solitudine dei fanalini di coda messe a confronto. E quella di una decade fa sembra la favoletta dell’uomo-nero se paragonata alla stagione in corso. L’attacco del Bari, rete di Okaka contro i sardi compresa, l’ha buttata dentro solamente 14 volte. E la difesa? Bucata in 34 occasioni, due in più rispetto al Bari di Spinesi e tutti gli altri. Non basta. Dopo 21 giornate il Bari di Fascetti aveva raccolto 16 punti, da dividere in 4 vittorie e altrettanti pareggi. Quello di Ventura, invece, ne ha racimolati 14 in 22 partite di campionato. Un solo trionfo esterno (a Lecce), 2 pareggi (a Napoli e a Verona con il Chievo).
Ma se le pagine finali di quell’ormai polveroso romanzo-thrilling in dialetto barese culminò con l’esonero di Fascetti a 6 giornate dal termine (Sciannimanico al suo posto), quelle di Ventura hanno ancora tempo per svelare un esito diverso. Perché vanno bene le storie già scritte, ma l’imprevedibilità del calcio, quando ci si mette, è più forte di un ammasso di numeri.
Giorgio Burreddu