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Il valore di Duke

Tutto il college basketball nel Superclasico Duke-North Carolina di poche ore fa, con nessuno dei presenti in campo che diventerà una superstella NBA e pochi con possibilità di diventare protagonisti: i freshman Harrison Barnes dei Tar Heels e Kyrie Irving, ancora assente per infortunio, di Duke quelli con più margini di crescita ad alto livello...

Redazione

10 febbraio 2011

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Tutto il college basketball nel Superclasico Duke-North Carolina di poche ore fa, con nessuno dei presenti in campo che diventerà una superstella NBA e pochi con possibilità di diventare protagonisti (i freshman Harrison Barnes dei Tar Heels e Kyrie Irving, ancora assente per infortunio, di Duke quelli con più margini di crescita ad alto livello). Sotto di 16, i Blue Devils hanno dimenticato le pessime percentuali di tiro (anche di Singler!) e non hanno rinnegato la loro filosofia 'controllata' rimontando punto su punto trascinati dal career high di Nolan Smith. In questa modesta rubrica da appassionati e per appassionati fuori dalla parrocchietta non vogliamo fare la cronaca della partita, ma riflettere sul livello della Atlantic Coast Conference di quest'anno. Livello scarso di cui ci siamo resi conto anche di persona qualche settimana fa, seguendo dal vivo al Bank United Center (7.200 posti...e stiamo parlando di un college sfigato, anche se è collocato dentro un quartiere di ricchi come Coral Gables e ha prodotto giocatori come Rick Barry e l'attuale uomo chiave degli Heat James Jones) una partita di Miami: squadra tremenda, con gli immancabili 'pro' newyorkesi (Malcolm Grant e Durand Scott, probabili fra un anno in un'Europa medio-bassa) con la palla sempre in mano, inferiore come livello a una nostra di A Dilettanti, che nella ACC di ques'anno è riuscita a vincere addirittura 4 partite. Ma al di là del nostro bar, come si valuta il valore assoluto di una squadra NCAA? Per convenzione con il mitico RPI, il Rating Percentage Index, che altro non è che una semplice (...) formula: (0,25 per WP) più (0,50 per OWP) più (0,25 più OOWP). Niente di oscuro: WP è la percentuale di vittorie sul totale delle partite giocate, OWP è la percentuale di vittorie degli avversari, OOWP è la percentuale di vittorie degli avversari incontrati dagli avversari in quella partita. Da 7 anni ci sono poi aggiustamenti per ponderare vittorie in casa, trasferta o in campo neutro, che differiscono a seconda di chi propone l'RPI (il più prestigioso è quello della ESPN) ma quello che ci preme sottolineare è che l'RPI è un criterio di valutazione 'abbastanza' oggettivo e che può essere taroccato solo con un piano diabolico orchestrato da un ipotetico grande vecchio della NCAA che controlli tutte le conference. Non occorre essere un matematico per capire che le vittorie pesanti diventano quelle contro squadre dai grandi record. In un certo senso l'RPI può quindi essere costruito come i record del pugilato, ma taroccato sicuramente no. Sì, ma a cosa serve? Se vinci la tua conference a niente, perchè sei qualificato di diritto al torneo finale NCAA. Se non la vinci è il più importante strumento di valutazione in mano alla commissione che deciderà le 'altre partecipanti' alla March Madness. Ma si diceva del valore modesto della ACC di quest'anno, al di là del fatto che ammazzeremmo per poter assistere dal vivo alla sua fase finale (dal 10 al 13 marzo al Greensboro Coliseum): Duke e North Carolina sono le sue uniche due squadre attualmente nelle prime 40 del Paese. Così dice l'RPI di stamattina. Stefano Olivari stefano@indiscreto.it

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