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Un posto nella Fiorentina per Antognoni

Redazione

4 marzo 2011

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Stasera, al Pala Mandela di Firenze, andrà in scena l’Antognoni Day. Ieri mi ha chiamato per invitarmi sul palco Mario Tenerani, che oltre a essere l’uomo del Guerin Sportivo sull’Arno, è di più: è un pezzo di Fiorentina, un po’ come lo sono per me Rialti e Paloscia. Purtroppo non potrò partecipare e me ne dispiaccio moltissimo, perché Antonio è un pezzo importante nella storia del nostro giornale, come ricorda la copertina che abbiamo scelto a immagine di questo post, ma è anche una bella persona. Ogni volta che lo incontro a Coverciano o in altri luoghi è sempre un piacere rivedersi e scambiarsi qualche battuta. Sarà che mi ricorda gli anni di ragazzino davanti a Novantesimo minuto, come mi succede ogni volta anche con i vari Beccalossi o Pruzzo, sarà che Giancarlo non si è mai montato e ha mantenuto un candore straordinario. Sarà forse che è rimasto una delle ultime bandiere. Quelle vere come Riva e Bulgarelli, che rinunciavano ai soldi pur di non smarrire il loro mondo.  Antognoni è timido, quasi respinge la popolarità in cui gente senza arte nè parte si culla solo per il fatto di andare in tv. Ma è un uomo anche coerente e per questo inflessibile. Anni fa, causa un divorzio doloroso con la Fiorentina, decise di abbandonare il suo stadio. E non ci è più andato. Se fossi nato tifoso della Fiorentina lo venererei esattamente come fanno i ragazzi della Fiesole. Una volta mi raccontò Rossano Donnini, ex del Guerino e cuore viola in trasferta, «che ci sono stati anni nei quali si andava allo stadio solo per lui». Contro tutti, contro la Juve che rubava, contro chi voleva piegare l’anarchia dei toscani. Solo per Antognoni. Stasera ci saranno anche pezzi importanti della Fiorentina attuale, che vive tra i mille problemi di una stagione incolore. Vorrei che un posto in società venisse riservato ad Antognoni. Gli spetta. Se poi davvero manca la sua foto, come racconta una nota leggenda metropolitana, si ripari allo scempio. Se il calcio è cultura e tradizione, lui è l’identità vivente. Capisco che possa essere ingombrante una figura così amata dal pubblico, ma non vi si può rinunciare. L’esilio di Dante finì purtroppo a Ravenna, quello di Giancarlo deve cessare molto prima.

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