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Inter Viareggio: il silenzio degli innocenti

Redazione

8 marzo 2011

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Che strano weekend è stato questo, per i mass media. Da un lato si è dimostrata la loro impotenza, dall’altro il loro strapotere, in due episodi slegati, anzi slegatissimi tra di loro, che però un fil rouge ce l’hanno: il ridicolo. Partiamo dal meno recente, quello di sabato. Quando i giocatori dell’Inter primavera non hanno potuto raccontare la gioia di essere arrivati in semifinale a Viareggio (che poi hanno vinto). Al loro posto ha parlato solo il tecnico Fulvio Pea. Motivo? «I ragazzi stanno studiando in che modo rapportarsi con la stampa, come e cosa rispondere». Insomma, il silenzio stampa didattico. Ragazzi, siete ancora cuccioli, tra poco diventerete dei professionisti e probabilmente pure bravi, per cui avrete spesso quei rompipalle di giornalisti e i loro taccuini, microfoni, iPhone, videocamere davanti al naso, pronti a molestarvi e addirittura a chiedervi di esprimere un pensiero. L’episodio in sé è poco rilevante (tanto che l’ha notato solo il sempre eccellente, e interista, Antonio Dipollina su Repubblica) ma il principio ispiratore è gravissimo. Anche perché non si vede francamente di cosa abbiano da lamentarsi l’Inter e le altre società: le interviste a fine partita sono notoriamente una sequela di aria fritta, non solo concettuale, ma anche lessicale, una sequela di “un pizzico di fortuna/attenzione in più”, “performante”, “dedico questo gol ai tifosi”, “battuti da un episodio”. Peggio ancora quelle fatte all’intervallo: se una squadra è in vantaggio l’intervistato dice di continuare così, se perde che ora faranno meglio, se pareggia che è tutto da giocare. Le trasmissioni sportive più letali in un panorama che quest’anno è particolarmente triste sono quelle di interviste. Le polemiche (posto che ci debbano essere e che invece non sia meglio qualche ragionamento serio) ci sono, ma vengono fuori da sole: pur di avere qualche protagonista ai microfoni, le tv hanno rinunciato palesemente a fare domande scomode, gli inviati reggono solo il microfono e al limite un po’ di pepe arriva da studio (Varriale in Rai, Sconcerti a Sky). Francamente dov’è il problema, per i calciatori? Arrivano cinque minuti dopo al privè dell’Hollywood? Ragazzi, fate parte dello spettacolo, le vostre società ricevono dei soldi dalle tv anche per le interviste: buttate un po’ di ciccia in pasto ai cani – se tali ritenete i giornalisti – e andatevene. Oltretutto è sbagliata anche la soluzione: come allenamento alla vita, oltre che al mestiere di calciatore, è molto più didattico andare davanti ai microfoni e imparare a cavarsela che fare un silenzio stampa. Se proprio non volete dirci niente di interessante almeno dite una cosa non di interessante, di civiltà, dite una cosa, dite qualcosa! Ancora più grottesco è l’episodio di domenica sera, quando il laziale Sculli, dopo aver fatto due gol al Palermo si è dovuto fare sostituire: aveva bolle sulle braccia e gli occhi gonfi ed era rosso in viso, faticava a respirare. Era allergico alla vernice verde con cui era stato dipinto il prato dell’Olimpico. Purtroppo il cielo italiano non vuole obbedire al suo cugino inglese (Sky appunto) e di inverno si ostina a regalare freddo, pioggia e a volte neve. Non capendo quanto rovina quella bella nuance, cosa che intristisce molto chi è a casa a guardare la partita: anche chi non è leghista vuole vedere campi verdi, sognare un calcio perfetto e bellissimo anche in questo. Ecco quindi che i prati vengono verniciati, e anche di inverno sembra di essere in Amazzonia con dei verdoni ramarro su cui risaltano benissimo i calciatori, i numeri di maglia e gli sponsor a bordo campo. L’importante è camuffare la bruttezza. Il campo è una distesa buona per le patate? Lo si vernicia di verde, e si fa ovunque, solo che qui c’era un allergico e se ne è parlato (quando invece salta un legamento o un ginocchio per una zolla sconnessa allora è incidente di gioco) La partita è ripugnante? La si inzuppa di urla, superlativi, iperbole, e così si trasforma anche l’ultimo Juve-Milan in un match storico deciso da un gran gol. Ridicolo? Già, ma a qualcuno importa ancora qualcosa? L’Italia è un Paese che vive nello sprezzo del ridicolo, volete che il calcio faccia eccezione? Aggiornamento. Il post nella parte viareggina andrebbe cambiato abbastanza radicalmente dopo la segnalazione di un amico (mio e del Guerino) degno di fede, Rudi Ghedini. Che da buon interista ha assistito alla finalissima Inter-Fiorentina, che mi ero perso. E segnala un episodio che mette in altra luce il silenzio stampa dei fanciulli interisti, quasi giustificandolo. A meno che non sia una vendetta dei giornalisti di Raisport per quel silenzio stampa. A lui la parola, mentre noi restiamo senza parole. «Nella finale del torneo di Viareggio (Rai Sport) si è assistito alla nuova frontiera dell'aria fritta: le interviste agli allenatori durante la partita.Incuranti del ridicolo, un paio di volte per tempo, i giornalisti del servizio pubblico - per quanto digitale - sono andati da Fulvio Pea (Inter) e Renato Buso (Fiorentina), facendo domande alle quali era impossibile dare risposte decenti. Tipo (a Buso, con la squadra sotto di un gol dopo 4 minuti): "La Fiorentina sembra essersi ripresa dal blackout dell'inizio, vero?". Oppure, a Pea (mentre finisce il primo tempo): "Cosa dirà ora ai ragazzi nello spogliatoio?". Valore informativo aggiunto, meno di zero. Anzi no: Buso e Pea si sono confermati ottime persone, gentili ed educate, essendosi trattenuti dall'alzare le mani sugli intervistatori».

Livio Balestri

telecommando@hotmail.it

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