Come quasi tutti i lettori del Guerino hanno almeno intuito, abbiamo pubblicato un articolo sull futuro al Milan di Luciano Moggi solo in omaggio al fatto che è il primo di aprile. D'accordo con il direttore Matteo Marani non abbiamo però voluto sparare la solita bufala, tipo Messi all'Inter o Cristiano Ronaldo alla Juventus (dite che le avete lette anche in altri giorni dell'anno su giornali considerati seri? Avete ragione...), ma proporre uno spunto di riflessione sul giornalismo sportivo.
Premessa: nessuno ci ha assicurato che Moggi lavorerà per la società rossonera, anche se qualche voce autorevole l'abbiamo raccolta davvero. L'articolo è frutto soltanto della logica e di nostre elucubrazioni da bar. Eppure...eppure anche molti colleghi lo hanno ritenuto se non vero almeno verosimile, uno scenario con discrete probabilità di concretizzarsi visto che tutto quello che abbiamo scritto è fondato (dalla stima di Berlusconi per l'ex direttore generale della Juventus alle sue mire sul Milan, passando per il futuro ruolo in Lega di Galliani).
L'amaro insegnamento è che se avessimo fatto mille telefonate alle varie fonti, più o meno credibili, e avessimo speso tutta una giornata in controlli e verifiche (incredibile ma vero, a volte proviamo a fare del giornalismo), non avremmo scritto un articolo molto diverso da questo che abbiamo scritto in dieci minuti senza nemmeno alzare la cornetta. La morale? Quello sportivo in generale e quello calcistico in particolare non è il giornalismo del vero, ma nella maggior parte dei casi solo del verosimile. E molte ricostruzioni, scenari, gossip, non sono altro che frutto della fantasia del giornalista.
Tutti ne devono essere consapevoli, perchè non è che ogni giorno si possano riempire venti pagine di calcio solo scrivendo verità inconfutabili. Il nostro pesce d'aprile si riduce quindi alla fine a una considerazione: visto che il prodotto finale non è molto differente, distinguere il serio dal cialtrone è difficile anche per un lettore esperto. Una sfida in più per chi scrive, forse l'ultima rimasta.
Stefano Olivari
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