In principio era Diego. E per anni, Napoli, non ha visto nessuno brillare di tanta immensità. Ma se è vero che l’inizio deve avere un seguito, finalmente la stirpe dei “maradoneti” ha trovato l’erede che stava cercando. Edinson Cavani, erede più nella sostanza che nella forma, goleador più del Pibe, decisivo al pari di lui. Perché è grazie alla tripletta dell’uruguaiano, rifilata alla Lazio in un 4-3 da mezzogiorno di fuoco se gli azzurri di Mazzarri si portano a un soffio dal Milan capolista, tenendo in vita la corsa scudetto, lunga, ancora, sette giornate. Adesso Napoli sogna, prega e ama. Proprio come ai tempi di Dieghito.
L’anti-Diavolo è dunque l’uomo della provvidenza uscito da un film di David Lynch. Faccia scavata come la luna, occhiaie tracciate col pennarello indelebile, fisico asciutto e spigoloso. Cavani è l’incarnazione dell’essenziale. Essenza condannata all’assenza: contro il Bologna, domenica, El Matador dovrà scontare un turno di squalifica. E sotto il Vesuvio già si domandano se il Napoli di Cavani può vincere anche senza. S’attaccheranno alla cabala, ai santi, al cornetto portafortuna legato allo specchietto retrovisore dell‘utilitaria. Vale tutto per un titolo. Valgono anche le corna.
Del resto, a rivolgersi al cielo è il bomber nato a Salto, cinquecento chilometri da Montevideo. Nove mesi fa disse: “E‘ stato il Signore a mandarmi a Napoli”. Per intercessione di Zamparini, presidente del Palermo, che dopo quattro anni e 34 reti in rosanero ha ceduto alle lusinghe hollywoodiane dei De Laurentiis. Cavani voleva scappare dalla Sicilia. Temeva per la famiglia dopo un’aggressione finita senza conseguenze. Basta la paura per dire: “Voglio andarmene da questa città”. Richiesta esaudita in estate, quando si concretizza il prestito di 5 milioni di euro per l’attuale stagione, mutato poi in diritto di riscatto dell’intero cartellino: 12 milioni da pagare in 4 anni.
Così, le vie del Signore vengono convogliate in un’unica strada, quella per Napoli. Mazzarri lo studia, lo assolve dai compiti di ripiegamento in difesa e lo appiccica lassù, nel 3-4-2-1, come unica punta. Andate e vincete. A buttarla dentro ci pensa Cavani. Con i 3 gol di domenica ha toccato quota 25, raggiungendo Di Natale in cima alla lista dei cannonieri e sbriciolando il record di Vojak, miglior attaccante in azzurro. E’ in lizza per la Scarpa d’Oro con Messi e Cristiano Ronaldo. Si riconosce in frasi bibliche tipo: “Semplice come una colomba, forte come un‘aquila”.
Se Maradona entusiasmava per l’estro, l’eccesso che scintillava in un orecchino, Cavani piace per la genuinità, la semplicità del quotidiano, l‘immediatezza dei gesti. Il figlio Bautista e la moglie Soledad da coccolare, la passione per la musica, la forte spiritualità che trova pace nella fede cristiana evangelica e pentecostale. E’ un “Atleta di Cristo”, come Kakà e Legrottaglie. Cavani preferisce chiudersi in se stesso, nella sua casa, anziché fare il tronista sui piedistalli di Napoli. Che da quelli, si sa, si fa presto a venir giù.
Giorgio Burreddu