Ultratrentenni che hanno vinto tutto non potrebbero essere motivati nemmeno da un team composto da Vittorio Pozzo, Helmut Schoen e Matt Busby, se uscissero dalla tomba e avessero voglia di allenare l'Inter (Pozzo allenò il Milan per un breve periodo, ai tempi del suo impiego alla Pirelli). Detto questo, è pura accademia chiedersi perché Benitez e Leonardo siano più simpatici ai cosiddetti osservatori neutrali (che nel calcio non esistono, visto che siamo tutti tifosi: chi sostiene di non esserlo spesso lo è più degli altri) rispetto a Mourinho. Insomma, i cosiddetti 'signori' piacciono soprattutto ai sostenitori delle altre squadre: da Ranieri a Leonardo, passando per Prandelli, il calcio è pieno di queste figure che uniscono invece di dividere. Gente educata, come dovrebbe essere chiunque, che vince e perde in percentuali paragonabili a quelle dei grandi antipatici. Tutto questo per dire che il problema di Leonardo non è l'educazione, come stiamo sentendo al bar, ma l'avere raccolto un'Inter distrutta dalla presunzione di Benitez e costretta a tre mesi incredibili per passare dalla metà della classifica allo scudetto sfumato sabato scorso. Se il ginnasiarca madrileno non avesse spaccato mezza squadra, costringendosi a giocare un girone di andata con Coutinho e Biabiany, Leonardo sarebbe campione d'Italia con 8 punti di vantaggio sul Milan e l'avvicinamento alla Champions sarebbe avvenuto in tutt'altro modo: magari risparmiando Eto'o in qualche occasione, gestendo Stankovic (l'unico centrocampista dinamico, con cambio di passo, insieme a Sneijder), non costringendo Ranocchia a recuperi affrettati e così via. Il resto sono episodi che possono far girare le partite in ogni senso, dall'errore di Eto'o contro il Milan al tre a due fallito di un niente da Milito ieri sera. Come direbbe Galliani, l'obbiettivo della stagione era il Mondiale per club.
Stefano Olivari
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