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Redazione

16 aprile 2011

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Sì, il dibattito sì! Approfittiamo del fatto che Nanni Moretti sia distratto dal nuovo film per plagiarne, rovesciandolo, uno degli slogan più famosi e appunto aprire il dibattito. Che parte dall’articolo che Aldo Grasso ha scritto ieri sul Corriere della Sera. Il tema è a noi caro, i telecronisti, il punto di vista interessante come sempre quando scrive uno dei massimi esperti di mass media italiani. Grasso racconta di aver preso qualche amico tifoso interista e di avergli fatto scegliere su che canale guardare la partita di Champions, quella persa 2-1 con lo Schalke. La scelta era tra Raiuno (telecronaca di Stefano Bizzotto e Salvatore Bagni), Premium Calcio (Bruno Longhi e Aldo Serena) e Sky Sport (Maurizio Compagnoni e Luca Marchegiani). Ecco i risultati, per come li racconta lo stesso Grasso. “La prima scelta è stata incredibilmente di ordine scaramantico, a ribadire lo spirito irrazionale che soffia sul mondo del calcio. Chi ha assistito alla sconfitta dell'andata sulla Rai ha scelto un'altra rete, e così via, in una turnazione propiziatoria. La seconda scelta è stata di ordine tecnologico. Il gruppo dei rassegnati (impossibile rimontare) ha scelto Sky Sport perché trasmetteva in HD e la qualità delle immagini era superba. Solo al terzo posto, con mio sommo stupore, la motivazione che invece considero primaria: l'apporto dei telecronisti. Al termine della partita, pur nello sconforto degli ospiti, ho cercato di capire qualcosa di più, ma tale era la tensione che nessuno ricordava particolari significativi della telecronaca. Sì qualche frase fatta del tipo, «Bizzotto sembra un impiegato del catasto», «Bagni è un commentatore da bar», «Serena è bravo» (ma nessuno ricordava il nome del suo collega), «Compagnoni è meglio di Caressa». Su quest'ultima affermazione ho cercato di aprire un dibattito, premettendo che per me, in questo momento, la coppia Compagnoni-Marchegiani è la migliore che ci sia. Se un telecronista diventa troppo personaggio la sua telecronaca ne risente? Bisogna sempre parlare durante una telecronaca o momenti di silenzio non sarebbero altrettanto espressivi? Il racconto sta al passo della tecnologia? Erano troppo depressi per rispondere giudiziosamente. Eppure mi parevano domande sensate”. Domande sensatissime. A cui cercheremo di dare il nostro misero contributo, chiedendo come sempre anche il vostro. Partiamo però da una contestazione. Verissimo che Compagnoni è meglio di Caressa, perché rispetta di più la partita, stravolgendola meno col suo narcisismo (niente aulico pistolotto iniziale, niente vezzi linguistici come “dallo stadio Meazza in San Siro”, niente glorificazione di match inguardabili). Però mercoledì sera tra lui e Marchegiani erano decisamente fuori pista. L’ex portiere è riuscito a dire perle tipo “certo, se l’Inter non avesse perso 5-2 all’andata questa sarebbe stata un’altra partita” (l’avreste mai pensato?). Compagnoni giocava a credere possibile l’impresa dei nerazzurri: esaltandone ogni giocata dalla trequarti come se stesse per portare a una palla-gol, urlando di gioia al gol del 2-2 dell’Inter, che però era stato fatto a gioco fermo ma anche fosse stato buono non avrebbe cambiato nulla, arrivando a pronosticare “un robusto recupero” a un match che l’arbitro fa terminare esattamente al 90’ senza neppure mezzo secondo di extra-time. Ciò detto, proviamo a rispondere alle domande sensate di Grasso. La prima risposta è implicita in quel che dicevamo e abbiamo sempre detto di Caressa: sì, la telecronaca risente eccome se il giornalista fa il protagonista. Perché è come se ci impallasse la visuale, ci obbligasse ad ascoltare le sue circonlocuzioni, i suoi equilibrismi verbali tecnici e tattici, le sue dotte spiegazioni sul mondo (adesso si è messo pure a fare i reportage dall’Afghanistan e da Lampedusa, uomo sempre in prima linea: proviamo a spedirlo anche a montecitorio visto che ama le zone calde del pianeta). Su carta stampata magari la cosa può funzionare, in tv ci sono le immagini. E sono sempre le immagini a parlare, senza neppure bisogno di sottolinearne la bellezza (quante volte Caressa, tanto per restare sempre a lui, si complimenta con la regia per il dettaglio che ha scovato o con la moderna supercam che inquadra una partita come neppure i fratelli Coen nei film più sperimentali, con Sky per la ricchezza della sua offerta?). Saremo fuori linea rispetto al nuovo che avanza (e lo siamo sotto molti aspetti), ma pensate a Martellini e a Pizzul, a come sapevano dire il minimo indispensabile, quasi solo il nome del giocatore con la palla, a come ci lasciavano liberi, coi loro silenzi, di farci una propria idea. Caressa e soci, logorroici per horror vacui, ci lasciano liberissimi di farci un’idea, purché sia la loro. E se Ronaldo o Messi fanno una giocata delle loro, perché tutta quell’enfasi? Che l’hanno fatta lo abbiamo visto da soli: voi spiegatecela, invece, analizzatecela, fateci capire perché l’hanno fatta. Ovviamente non è un difetto solo di Caressa, che abbiamo scelto a capro espiatorio un po’ perché non è esattamente un mostro di simpatia un po’ perché lui è il simbolo di Sky, del nuovo che avanza. Per esempio, anche se con tutt’altro stile umano e professionale, ci sarebbe da dire di Bruno Gentili: formidabile in radio, vero erede di Ciotti e Ameri per la narrazione della partita, più che deludente nel passaggio in tv perché continua a essere nell’anima un radiocronista e quindi a parlare di continuo. Ma appunto il silenzio, che in radio è la morte, in tv è la vita, se le immagini sono buone. Perché sono loro la notizia, non chi le spiega. Livio Balestri telecommando@hotmail.it

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