Vorrebbe ipnotizzare tutti i milanisti come fanno Medioman o Giucas Casella. Vorrebbe ipnotizzare il mondo ogni volta che fa gol. Non guardatelo negli occhi Giampaolo Pazzini, l’imbucato al party rossonero, il guastafeste del Milan distante un solo punto dallo scudetto. Se la suspance del “chi lo vince quest’anno?” resta viva un minimo, il minimo sindacale, il merito è roba esclusiva del bomber interista
Lo chiamano pazzo, ma è più un ambizioso. Quando ha fiutato l’uragano avvicinarsi pericolosamente alla Samp non ci ha pensato a lungo e ha fatto la valigia. Ma dai, la coppia Pazzini-Cassano? Ma dai, i novelli Mancini e Vialli non dovevate essere voi? “Loro hanno fatto la storia, noi siamo all‘inizio”, aveva detto per togliersi dell’impiccio dei paragoni. Scomodi, troppo vincolati. La verità è che Pazzini ha sempre seguito l’orma della volpe, come un segugio alle battute di caccia del re. E’ un uomo di gennaio. A gennaio (2005) ha lasciato l’Atalanta per la Fiorentina. A gennaio (2009) ha salutato Firenze per abbracciare Genova. E, sempre a gennaio, ha puntato dritto in direzione Milano: ecco l’Inter, nuova terra da conquistare.
S’è fatto risarcire per quel favorino all’Olimpico di un anno fa. Una doppietta in blucerchiato che strappò lo scudetto dal petto della Roma dando il via alla festa del titulo interista. Va’ dove trova cuore, Pazzini. E poiché Leonardo di sentimenti se ne intende, ci ha messo poco a farci breccia. All’esordio fa secco il Palermo con una doppietta. Graffia una delle sue ex squadre: la Fiorentina. Della stagione disperata di Milito se ne approfitta. Fa da spalla a Eto’o. Chiede a Maicon di mettergliela sulla testa e a Sneijder di mandarlo in porta che vuole. Come un genio del marketing sfrutta il suo nomignolo all’ennesima potenza: l’Inter pazza non poteva che sposarsi con un piccolo Pazzo. Per chi ha la fede nerazzurra, poi, è davvero un matrimonio perfetto.
I gol sono la sua camicia di forza. Più che strambi sono eccentrici ed egocentrici. Sono lampi di una follia lucidissima, quasi chirurgica. Prendi i due a Cesena, gli ultimi di otto stagionali, realizzati sì e no in cinque minuti, nel recupero. Hanno fatto credere al mondo intero che il campionato può dire qualcosa ancora, almeno per altri novanta minuti. I prossimi, prima di chiudere baracca e burattini. Ma con quelle due stoccate non ha sovvertito il verdetto. Ha stravolto i piani del mercato estivo interista: ora non è più una punta qualsiasi, Pazzini è la punta su cui puntare. Anche, soprattutto il prossimo anno. Magari con Montolivo, che, se lo ricorda Paz, “siamo cresciuti insieme. E poi sa fare tutto: ha senso del gol, capacità realizzative e visione di gioco. Sa fare assist”. Gli assist, appunto. Quelli che servono a lui per ipnotizzare le folle. Pazzo sì, mica fesso.
Giorgio Burreddu