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Ricky Alvarez sì, Montolivo no: bella Italia

Redazione

6 luglio 2011

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Ieri sera, sfinito dalla solita sbornia di esterofilia giornaliera, ho telefonato a Giovanni Branchini, procuratore che stimo e apprezzo da molti anni. «Scusami, Giovanni, ma cosa ha fatto il tuo Montolivo ai padroni del vapore? Ha pestato i piedi a qualcuno?». No, perché? Perché altrimenti rimane inspiegabile il fatto che i grandi club italiani ignorino uno dei due migliori centrocampisti nostrani per buttarsi - come ha fatto l’Inter a costi ben superiori - sul misterioso Ricky Alvarez, noto per gli infortuni e per essere un tipo piuttosto spigoloso. Ma ormai va così il bel mondo del mercato. Questa estate, se possibile superando il recente passato, verrà consegnato alla storia come quello dell’invasione straniera, agevolata dall’apertura al secondo extracomunitario varata ieri dalla timorata Federcalcio di Giancarlo Abete. Lo stop non ha retto nemmeno un anno alle pressioni dei club e dei procuratori, alcuni dei quali festeggiavano ieri all’Atahotel di Milano. Dopo aver sforato il tetto dei mille giocatori stranieri nel calcio professionistico italiano, apprestiamoci a un ulteriore record negativo. La rincorsa al masochismo non conosce tregua. Mentre gli altri Paesi producono talenti e li esportano, dall’Argentina alla Francia, o magari li fanno giocare nel Barcellona come succede alla Spagna, noi continuiamo a tenerli in panchina o in tribuna. Salvo lamentarci se restano dei bamboccioni, senza l'esperienza dei colleghi stranieri. A guardare la Coppa America viene mal di stomaco. Là ci sono ventenni o diciannovenni come Neymar che giocano titolari, qua non riusciamo a conteggiare nemmeno cinque Under 21 in Serie A, come mi faceva notare Demetrio Albertini un paio di mesi fa. Avanti di questo passo, al povero Ciro Ferrara non basterà nemmeno la B per fare le convocazioni, dovrà scendere alla Lega Pro o alle squadre Primavera, altro cimitero di giovani elefanti, invase anch’esse da stranieri. È uno scempio, un vero schifo. Ma all’estero si fanno affari d’oro. I giocatori costano meno, le stecche ai procuratori volano che è un piacere e soprattutto non c’è la Guardia di Finanza che possa tentare un bel blitz. In questa maniera, un talento come Montolivo - italiano, 26 anni - latita a Firenze, ormai da separato in casa. Ma senza una prospettiva, a meno che la presenza ingombrante di Cassano nel Milan non offra un'occasione di scambio. A lui, a Poli, a Parolo, a Marchisio toccherebbe guidare l’Italia del domani, essere i leader nelle squadre di vertice come succedeva un tempo a Tardelli o Conti, guardacaso poi Campioni del Mondo. Ma l’Italia non li vuole più, come del resto non vuole i giovani nella politica o nei posti di comando. E allora vai con i Ricky Alvarez, i Banega, gli Aguero, i Ganso, i Klose, i Cissè, i Danilo, i Lamela, i Bastos. Allegria, gente.

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