Utrecht-Ajax 6-4 è stato uno spettacolo per gli occhi, aumentando il rimpianto per la miope politica di Sky e Sportitalia che ci costringe a guardare la Eredivisie in streaming. Dal punto di vista del puro intrattenimento, il campionato olandese è uno dei migliori d’Europa. Il livellamento avvenuto negli ultimi anni, con il declino delle big (visibile nelle prestazioni europee) e il contestuale rafforzamento delle classe media (Twente, Az, Groningen, Utrecht), ha incrementato la competitività interna – il sale, a parere di chi scrive, di ogni evento sportivo. Inoltre, i ricavi ridicoli derivanti dai diritti televisivi (un esempio: lo Swansea incassa poco meno dell’intera somma che i 18 club olandesi devono spartirsi) hanno mantenuto entro i limiti di guardia il gap tra le big e le altre, senza creare sproporzioni modello Liga spagnola. Oggi pertanto è più facile che il Real Madrid rifili 7 reti all’Osasuna – rendendo difficile ai tifosi neutrali resistere alla visione della partita per tutti i 90 minuti - piuttosto che lo stesso avvenga tra Psv e Heracles Almelo. Tutto ciò va mescolato con le peculiarità tattiche e metodologiche del calcio olandese, la cui filosofia offensiva improntata su possesso palla, triangolazioni e verticalizzazioni riesce normalmente a emergere anche in quelle squadre che non utilizzano il canonico 4-3-3 con play-maker alle spalle del tridente, terzini-ali e un solo centrocampista di contenimento.
Utrecht-Ajax 6-4 è stata la sagra dell’errore. Imbarazzanti quelli di Vermeer, che ha preso due gol fotocopia svirgolando un rinvio sui piedi rispettivamente di Asare e Kali, che hanno insaccato a porta vuota (quest’ultimo dalla trequarti). Non meno quelli Ooijer, spaesato al centro della difesa come se fosse un debuttante e non un veterano anche in maglia oranje; e del compagno di reparto Vertonghen, utile – come talvolta gli accade - solo da metà campo in avanti. Non ha fatto meglio il pacchetto arretrato di Jan Wouters, sempre in difficoltà a ogni accelerazione degli ajacidi. Eppure in mezzo agli errori c’è stato tanto calcio: la “trivela” di Sulejmani per il 2-3 di Bulykin; i tagli di Asare sulla trequarti; il sinistro educatissimo di Rodney Sneijder; le discese di Boerrigter e Duplan; i movimenti di Mulenga ad “aggredire” lo spazio; il fiuto del gol di Bulykin, autentico rapace delle aree di rigore.
C’è chi sostiene che lo 0-0 sia il risultato perfetto. Dissentiamo in toto. Un pareggio a reti bianche può essere un festival dell’errore tanto quanto un risultato tennistico. Errori nelle conclusioni, negli appoggi, in fase di costruzione (senza scomodare altri campionati, vedi il nulla di fatto andato in scena venerdì tra Vvv Venlo e Excelsior, rispettivamente 17esima e 18esima in Eredivisie). In questo caso non mancano solo i gol. Manca il calcio.