Leggo oggi sul Corriere dello Sport una bella intervista di Andrea Fanì a Ignazio Scardina, unico giornalista a finire nel processo dei processi, quello di Napoli. Tutti hanno parlato in questi giorni, da Moggi a Bergamo, da Lotito a Della Valle, gli ultimi due esclusi da incarichi sportivi per via della sentenza di frode sportiva. Ma nessuno aveva sentito sin qui l’urgenza di ascoltare Ignazio Scardina.
Ammetto di avere pensato parecchie volte a lui in questi cinque anni di indagini e di tribunale. E di avere atteso con curiosità, l’altra sera, il verdetto che lo riguardava. Penso per il fatto banalissimo di essere un collega o forse perché nelle grandi tragedie della storia se ne nascondono ogni volta alcune più piccole, personali, ma umanamente intense. Non conosco Scardina di persona, se non per averlo incontrato casualmente in una stanza romana della Casagit dieci anni fa. Scambiammo due battute, sapevo solamente che curava la Domenica Sportiva ed era il numero due o tre di Rai Sport.
Lo rivedo nella fotografia pubblicata oggi sullo stesso Corsport. È invecchiato, smagrito, cupo, ma soprattutto con gli occhi tristi e sprofondati nel dolore, come se avesse già visto quello che gli altri uomini non hanno ancora visto. Nell’intervista ha parlato della sua famiglia, che l’ha salvato, della sua vita saltata in aria con una telefonata di un carabiniere, di un’odissea in cui scompaiono tanti falsi amici e resta solo chi ti vuole bene. Davvero. Le tragedie hanno pochi salvagenti. Ha avuto anche un infarto, Scardina, ha visto la Rai farsi parte civile contro di lui.
Sicuramente sbagliò a dare troppa confidenza a Luciano Moggi, a occuparsi dei guai finanziari del discutibile Pieroni, a non tenere altissimo il confine tra sè e l’interlocutore (avrei comunque voluto sentire le telefonate di altri dirigenti con certi giornalisti amici), ma ha pagato un prezzo altissimo, esorbitante. Fino a quei cinque secondi letti dal giudice Casoria: «Scardina Ignazio, assolto». Chi gli ridarà la gioia e la pienezza della vita, quella che abbracciamo ogni mattina facendo colazione?