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L’Italia e la lezione di Wroclaw

Redazione

12 novembre 2011

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Seguire l'amichevole della nazionale in Polonia è stato per il calcio italiano come ritornare con la mente al bivio in cui il movimento (che era campione del mondo) imboccò la strada sbagliata e, quasi senza accorgersene, si consegnò a un declino lento ma inesorabile. Wroclaw è ciò che noi non siamo ma vorremmo e avremmo potuto essere. Un declino iniziato il 18 aprile 2007 nel momento in cui Le Roi Platini lesse il verdetto che assegnava a Polonia e Ucraina l'organizzazione di Euro2012 cancellando le speranze italiane e miliardi di euro pronti a essere investiti nella ristrutturazione dei nostri stadi. Fu forse il frutto di giochi politici con il sospetto di corruzione. Fu, certamente, una decisione che ci precluse margini di sviluppo e che oggi paghiamo in termini di competitività. Vedere lo stadio di Wroclaw, nuovo di zecca, 42mila posti a picco sul campo con servizi e comfort a cinque stelle, non può non aver provocato un senso di malinconia e impotenza in un movimento che per dare qualche segnale di vita si aggrappa disperato allo Juventus Stadium dimenticando, però, che la legge sugli stadi langue in Parlamento e certamente non vedrà la luce nemmeno entro la fine di questa legislatura. Quel giorno a Cardiff l'Italia era campione del mondo, seconda nel ranking Uefa alle spalle dell'Inghilterra e si apprestava di lì a un mese a festeggiare il Milan campione d'Europa. La Polonia navigava nelle retrovie (22°) dove si trova ancora oggi mentre noi siamo scivolati al quarto posto con vista sul quinto. Attenzione, però, perché i veri effetti si vedranno d'ora in poi. Non può essere solo un caso che nel calcio iper-commercializzato degli ultimi quindici anni solo due volte (Francia 1998 e Olanda 2000) il paese organizzatore di un grande evento non è riuscito a trasformare in progressi di competitività sul campo gli investimenti fatti in infrastrutture. In tutte le altre occasioni l'effetto volano c'è stato. A cinque stagioni di distanza da Euro96 l'Inghilterra era salita dal 9° al 3° posto del ranking Uefa. Il Belgio (Euro 2000) dal 18° al 9°, Austria e Svizzera (Euro2008) rispettivamente dal 22° al 19° e dal 17° al 16°, la Germania (Mondiali 2006) dal 5° al sorpasso ai nostri danni con conquista della quarta squadra in Champions League. Solo il Portogallo (Euro2004) ci ha messo un po' di più, ma l'esplosione è comunque arrivata e adesso i club lusitani sono a un passo dall'insidiare la nostra posizione. Nulla lascia presagire che anche per Polonia e Ucraina andrà diversamente e per noi deve essere uno schiaffo doppio visto che abbiamo passato i quattro anni e mezzo che ci separano dal verdetto di Cardiff ripetendoci che polacchi e ucraini non sarebbero mai stati in grado di mantenere l'impegno e che, prima o poi, Platini sarebbe tornato con il cappello in mano da Abete per chiedergli di riparare. Non è successo. Lo stadio di Wroclaw adesso ce l'ha spiegato con chiarezza. Quel giorno il numero uno della nostra Federcalcio giurò: "Dobbiamo avere la capacità di dimostrare che possiamo ristrutturare gli stadi anche senza Europei". Sono passati 1668 giorni. Abete è ancora lì, Wroclaw e la Polonia si sono proiettati nel futuro. Fonte: Giovanni Capuano, Calcinfaccia

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