Mi fa male vedere Gianni Rivera a Ballando con le Stelle. Sarà che l’ho sempre stimato e apprezzato moltissimo, al punto che mi sarebbe piaciuto come presidente della Federcalcio. Per un periodo ha rappresentato l’opposizione al potere imperante, soprattutto per merito della sua storia di calciatore unico e impareggiabile, nonché di politico al di sopra di ogni sospetto.
Poi una sera, un sabato sera, te lo ritrovi in ghingheri nella trasmissione più nazionalpopolare del Paese. Non che abbia nulla contro Ballando con le Stelle, per altro ben condotto e fatto con ingenti mezzi in epoca di ristrettezze della Rai, ma non capisco che c’azzecchi il Golden Boy con quella compagnia di giro? Con le Anna Tatangelo, i Guglielmo Mariotto, i Bobo Vieri. Entrambi ex calciatori, ma colleghi molto diversi ai miei occhi, almeno fino a ieri.
Aggiungo che non ci sarebbe nulla di male nell’accettare l’invito di Milly Carlucci se Gianni Rivera fosse un comune cittadino. Ma si dà il caso che sia anche il presidente del Settore giovanile e scolastico della Federcalcio, uno dei segmenti più sofferenti di tutto il calcio italiano. Che tuttavia, nella crisi economica e nei mille problemi in cui si dibatte, cerca ogni giorno di difendere la propria dignità con fatica, il proprio ruolo con orgoglio. E vorrebbe una guida forte, indipendente, non sputtanata.
Possibile che Abete abbia avallato questa esposizione pubblica di un suo importante dirigente? Con che coerenza Rivera potrà andare nelle sedi locali a chiedere sacrifici? Ridicola poi la scusa accampata sui giornali. «Non si vive di baratto». Ma lui ha barattato una credibilità conquistata in quarant’anni per 400mila euro. O forse meno. La mia paletta? 3.
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