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La strategia di Allegri e Mourinho

Redazione

29 marzo 2012

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E se José Mourinho, ancora una volta e nonostante i risultati degli ultimi confronti diretti con l'arcirivale Guardiola, avesse ragione? Dopo l'andata di Milan-Barcellona, ribattezzata derby del mondo dal Minculpop che non manca ad alcun grande club ma che nel caso rossonero può contare su qualche strumento in più, viene da chiedersi se la squadra che gioca il miglior calcio del pianeta sia battibile con una partita di puro contenimento. La nostra modesta risposta, dopo una partita comunque tatticamente bellissima, è sì. Perché fino a quando le energie sono state paragonabili, quindi fino a un quarto d'ora dalla fine, gli inserimenti del Milan sfruttando il timore nei confronti di Ibrahimovic hanno fatto più male degli ammorbanti fraseggi catalani. Paragonabile il numero di vere occasioni da gol, considerando anche il fallo da rigore di Abbiati su Sanchez, ma non ovviamente la qualità del gioco che nel Barcellona è basata su un principio molto preciso e ben spiegato da molti allenatori avversari (che poi perdono, ma è un altro discorso): la palla deve transitare dai piedi dei tre più bravi in campo (Messi, Iniesta e Xavi, di solito), che formano un triangolo che manda a vuoto l'eventuale pressing avversario e favorisce gli inserimenti esterni del Dani Alves della situazione o della punta che si allarga, con uno o due dei tre 'bravi' che poi vanno a chiudere l'azione in mezzo. E' per questo che nel sistema di Guardiola l'utilità di Busquets e Keita (a San Siro comunque più prudenti anche rispetto al loro standard) è superiore a quella del più dotato Fabregas. Ed è per questo che ogni situazione di pericolo per la difesa del Barcellona è stata creata con ripartenze, sfruttando palloni persi rasoterra sulla tre quarti, o banali lanci lunghi a cercare Ibrahimovic (specialmente quando era dalla parte del più piccolo Mascherano, non da quella di Piquè). Insomma, chi non ha Messi, Iniesta e Xavi a mandare fuori tempo chiunque li pressi è meglio che si astenga dal mettersi sullo stesso piano. La tattica di Allegri potrà anche non essere piaciuta a Berlusconi, ma cosa avrebbe potuto fare con il limitato Nocerino, il 'graziato' (anche ieri metà dei falli del Milan li ha fatti lui, venendo ammonito solo per aver allontanato il pallone su un calcio di punizione) Ambrosini e il vecchio Seedorf? Il meglio con chi aveva a disposizione, questo ha fatto Allegri e non è detto che al Camp Nou la partita segua un copione necessariamente diverso. Anzi. Dal lato del Barcellona il paradosso, alla luce anche della prova mediocre di Sanchez (più volte sgridato da Messi perché si accentrava troppo) è che il suo attaccante ideale sarebbe quell'Ibrahimovic svenduto al Milan dopo una sola stagione: uno che può giocare in qualsiasi posizione dell'attacco, bravo sia a fare a spallate in area che in contropiede. Ma forse Guardiola e lo stesso Ibrahimovic la pensano diversamente, ci fidiamo di loro. E quindi? Non puoi battere chi è più bravo di te superandolo sui suoi punti forza, dal possesso palla al continuo cambio di lato. Contro il Barcellona meglio perdere pensando di fare il colpo e senza riconoscere la superiorità degli avversari (di solito l'umiltà non aiuta a vincere le Champions), come fa Mourinho, che uscire sicuramente sconfitti e fra gli applausi come tutte le squadre che provano ad allargare il campo. Per questo lo zero a zero è per Allegri, anche lui parco di complimenti per il Barcellona, una mezza vittoria. Twitter @StefanoOlivari

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