Da Piermario Morosini a Carlo Petrini, passando per mille altri, per essere considerati morti di calcio non è sufficiente essere o essere stati calciatori. Deve essere stato il calcio a causare o perlomeno a creare le condizioni per la tua malattia o la tua morte. Insomma, si parla di doping o di non doping. Mentre ancora non sappiamo nulla sulle cause scatenanti la morte di Morosini, ci piace ricordare che diverse persone davvero amiche del centrocampista del Livorno si sono rifiutate di partecipare alle tante trasmissioni specializzate in tivù del dolore. Le performance di altri, a colpi di facce contrite e di banalità di seconda mano, si commentano da sole. Come per Lucio Dalla, il morto è diventato un pretesto per parlare di se stessi.
Delle cause che hanno portato Petrini verso una via crucis di tumori (cervello, polmoni, reni, colon...) e di operazioni sappiamo invece quasi tutto, grazie alle testimonianze del diretto interessato nei suoi libri (raramente recensiti, specie quando parlavano di grandi club: il Guerino però lo ha sempre fatto, come ha ricordato anche il Direttore nel suo post) e nelle sue interviste. La frequentazione da protagonista del marcio (ricordiamo la squalifica per il primo calcioscommesse) del calcio anni Settanta ma anche di quello dei periodi successivi, visto che molti suoi colleghi in campo sono poi diventati direttori sportivi e allenatori, ha dato a Petrini una credibilità che ha spaventato i sacerdoti del sistema, quelli che iniziavano ogni discorso con 'fatta salva la buona fede'.
Non è un caso che, fra i tanti, Petrini abbia scritto un libro come 'Il calciatore suicidato', sulla morte di Donato Bergamini, che avrebbe dovuto e potuto scrivere un giornalista sportivo. Anche se 'Nel fango del Dio Pallone' rimane insuperabile non solo per le rivelazioni, ma per aver saputo rendere perfettamente quel clima di omertà e di disonestà diffusa (e Petrini ne parlava con cognizione di causa, avendo fatto parte dei 'cattivi') che rendeva e rende impossibile ogni seria operazione di pulizia nel calcio. Un libro da consigliare a chi si scanna per un fuorigioco di due centimetri o un rigore dubbio, che ha però il grande pregio di non fare di tutta l'erba un fascio: ci sono i disonesti, gli omertosi, gli onesti, più situazioni intermedie da valutare caso per caso. La piccola morale da trarre è questa: solo chi è fuori dal giro e trattato come un appestato, dopo aver fatto parte di questo giro, può essere davvero credibile. Petrini, che non era stato un santo (nemmeno nel privato, infatti la molla per scrivere gli era scattata per il senso di colpa in seguito alla morte del figlio), era credibile ed è per questo che gli 'uomini di calcio' lo temevano. Guardare la sua ultima intervista, stasera alle Iene (Italia Uno), ci farà male.
Twitter @StefanoOlivari