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Un po’ Agnelli e molto Giraudo

Redazione

10 maggio 2012

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Andrea Agnelli dovrebbe iscrivere la Juventus al campionato francese o a quello svizzero, se ritiene che la FIGC sia nemica della Juventus. Se non lo ritiene, o comunque se vuole partecipare ai suoi tornei, dovrebbe rispettarne le sue sentenze. Anche a quelle che ritiene ingiuste, perché non è che una sentenza sia per definizione giusta. In tutta questa carnevalata della terza stella, iniziata con lo stadio, che prevedibilmente aprirà rivendicazioni di ogni tipo da parte di altri (se l'albo d'oro non va in prescrizione si potrebbero riaprire almeno metà dei campionati alla luce di rivelazioni 'successive'), sfugge la logica di un comportamento che solletica solo il moggismo più becero e va addirittura contro il sentimento dei giocatori bianconeri. Anche di 'quelli che c'erano', come Buffon e Del Piero, che al riguardo sono stati chiari: 'Quei due scudetti li sentiamo nostri, ma adesso pensiamo al presente'. Visto che Agnelli è solo arrogante, di quell'arroganza che deriva da un secolo di Fiat padrona reale d'Italia (prima di essere schiantata da chi produce macchine migliori), ma certamente non stupido, sa che il regolamento riguardo alle maglie impedisce chiaramente qualsiasi soluzione grafica che non sia esplicitamente ammessa, con la Lega di Beretta (scattano le risate) che dovrebbe fare da controllore. Insomma, visto che il prodotto Juve non deve essere venduto perché ha già i suoi acquirenti, non si può parlare nemmeno di marketing. Abbiamo ascoltato il radiato Luciano Moggi a Radio 24 sostenere che con Agnelli si sente regolarmente, ma ci è sembrato un penoso voler mettere il cappello su uno scudetto in cui lui non c'entra nemmeno per interposto dirigente. In questo agitarsi senza un vero perché di Agnelli non vediamo la furbizia che è propria di Moggi, ma piuttosto la cattiveria dell'altro grande radiato della situazione, Antonio Giraudo, lui sì rimasto vicino (non ufficialmente) al figlio del suo vecchio capo, attraverso consigli e strategie. Quale è il senso di tutto questo? Il solito: minacciare cento per ottenere venti, magari su altri tavoli. Per adesso ci guadagnano i rivenditori di merchandising taroccato, ma quando ci sarà da fare politica sportiva vera allora queste minacce, seguite prevedibilmente da un gesto distensivo in cui Agnelli reciterà la parte del magnanimo, torneranno buone. Stefano Olivari, 10 maggio 2012

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