Antonio Cassano in versione Checco Zalone, parlando della presenza dei gay nel calcio, ha espresso concetti condivisi dalla maggioranza silenziosa dei calciatori (qualche giorno prima Di Natale non ci era andato tanto lontano) e usato un linguaggio che è quello della maggioranza rumorosa dei tifosi e dei giornalisti. In modo divertente, se vogliamo essere onesti: comunque la si pensi nel merito, come si fa a non ridere riguardando la sua conferenza stampa di Cracovia? Prima del linciaggio di una persona che non sa pesare le parole, non solo 'metrosexual', questo secondo noi deve essere il punto di partenza per analizzare un 'caso' che è diventato tale solo perché il palcoscenico è quello della Nazionale: segno che la maglia azzurra ha ancora un valore simbolico e che in queste manifestazioni il calcio non è mai solo calcio (fosse diversamente, meglio guardare Real Madrid-Barcellona). Considerazioni sparse su una tempesta mediatica che non favorirà il coming out degli omosessuali nel calcio e che sarà archiviata al fischio di inizio di Italia-Croazia.
1. Chi ha fatto a Cassano la domanda sulle dichiarazioni di Cecchi Paone (sulla presenza di gay in Nazionale) ha fatto solo il suo mestiere. Dal punto di vista dell'interesse dei lettori è una questione che non interessa meno del 3-5-2 di Prandelli o del futuro di Cassano al Milan, come infatti le reazioni hanno dimostrato. La cosa incredibile è che molti commentatori non hanno affrontato il tema principale ma se la sono presi con il cronista colpevole di avere fatto la domanda (non sappiamo chi sia, fra parentesi).
2. Prandelli è un c.t. mediatico, l'abbiamo scritto più volte e non certo per fargli un complimento, ma soprattutto molto intelligente. Aveva previsto la domanda e aveva preparato Cassano alla risposta. Solo che Cassano è... Cassano e le cose che ha detto su froci e dintorni gli sono parse la versione politicamente corretta del suo pensiero. La curiosità a questo punto è per quella scorretta.
3. Nei confronti degli omosessuali la discriminazione, anche a livello di semplice linguaggio, è odiosa ma non dissimile da quella riservata ad altri esseri umani in qualche modo inseribili in una teorica 'categoria'. Tipo gli ignoranti, perché chi deride Cassano per la sua ignoranza senza conoscerne la storia personale non è culturalmente diverso da chi deride i 'froci' e si tocca di gomito quando l'argomento salta fuori.
4. Il mondo omosessuale ha varie anime, da quella del farsi i fatti propri senza bisogno di bandiere a quella della diffusione del verbo come se un orientamento sessuale fosse una religione o, peggio ancora, l'unica dimensione della persona. Perché dell'impostazione alla Cecchi Paone l'aspetto fastidioso e pesante è proprio questo: il sesso come elemento principale dell'esistenza e non come uno dei suoi tanti aspetti. Anche questo continuo insistere sulla presenza di gay in maglia azzurra, che per meri motivi statistici è peraltro probabile, secondo Cecchi Paone sarebbe cultura mentre ad altri (a noi, per esempio) sembra solo una morbosità che ispiri al bar il giochino del 'chi è?'. E qualche giornale-sito di grande classe non a caso ha già proposto sondaggi...
5. La Nazionale, che amiamo proprio perché tutti la attaccano e nessuno la difende (non essendo un club, con le sue strutture fisse e i suoi lobotomizzati quotidiani), è un bersaglio facilissimo perché molti le riversano contro tutto quello che non possono dire o scrivere nel resto dell'anno. Finora Prandelli ha fatto un miracolo nel tenere compatta una squadra senza la retorica del 'noi soli contro tutti' che a volte ha portato bene e altre no, dando almeno l'idea che la maglia azzurra rappresenti qualcosa di più importante degli interessi dei club e della normale attività calcistica. Il primo ad essere deluso dalle battute di Cassano è lui, ma non la metterà giù tanto dura e non solo perché Cassano gli serve. Non è l'eterno ragazzo di Bari il problema principale del nostro paese, anche se una normale rassegna stampa indicherebbe il contrario visto che ci sono più editoriali contro un linguaggio da spogliatoio che contro un ministro che sbaglia i conti.
Stefano Olivari, 13 giugno 2012