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La campagna elettorale di Blatter e Platini

Redazione

21 giugno 2012

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Joseph Blatter l'innovatore contro Michel Platini il tradizionalista. Incredibile ma vero, è bastata la svista dell'arbitro (di porta, nell'occasione) Vad in Inghilterra-Ucraina per rendere evidente al mondo lo scontro non più sotterraneo fra il presidente della Fifa e quello della Uefa, invertendo la parti mediatiche che di solito vengono loro assegnate. Sullo sfondo la scadenza del 2015, quando il dirigente svizzero dovrebbe lasciare dopo 17 anni (e all'età non proprio verde di 79) la presidenza della Fifa. Da ricordare è che al congresso di Zurigo 2011 Blatter si guadagnò la rielezione quasi all'unanimità grazie agli scandali che coinvolsero il concorrente Bin Hammam (che si ritirò prima della votazione finale), ma anche alla promessa solenne che questo sarebbe stato il suo ultimo mandato. Le promesse possono anche essere rimangiate, non solo nel calcio, ma è evidente che nel 2015 come presidente Fifa un dirigente con l'immagine e la pulizia etica di Platini sarebbe difficilissimo da battere anche per il più intrallazzato dei mestieranti. Ma risparmiamo questo bar di politica sportiva, fra l'altro prematuro e senz'altro meno generatore di click di tanti argomenti che abbiamo in canna per il dopo-Europeo (Tavaroli, Bravo, Scommessopoli, le comproprietà farlocche, eccetera), per venire ad un argomento a noi più vicino, quello dell'uso della tecnologia del calcio. Di solito avversata dai dirigenti, fra i quali fino all'altroieri lo stesso Blatter, perché leverebbe uno strumento politico dalle loro mani. Non tanto per i gol-non gol, pochi episodi per quanto potenzialmente pesanti (l'ultimo scudetto è stato di fatto deciso dal gol non assegnato a Muntari in Milan-Juventus), quanto per tutte le situazioni di posizione che portano arbitri e guardalinee ad essere sollecitati almeno dieci volte a partita. I fuorigioco, in altre parole: veri, presunti, falsi, invocati, contestati. La cui gestione cambia le partite non solo dal punto di vista del risultato ma anche da quello tattico. Poi ci si può esaltare con il 95,7% delle decisioni giuste in questo settore, stando all'analisi moviolistica delle partite della prima fase dell'Europeo fatta dal capo degli arbitri Fifa Collina. Quelle 0,6 azioni (302 situazioni analizzate, in media 12,5 a incontro) a partita sbagliate hanno riguardato quasi sempre un gol convalidato ingiustamente o un attaccante fermato ingiustamente solo davanti al portiere. In altre parole, una partita su due è stata falsata da un errore che fino a prova contraria è in buona fede ma che può essere eliminato. Verissimo è, come ha fatto notare Collina, che i due arbitri di porta non sono un'assicurazione totale contro lo sbaglio sul gol-non gol (comunque il tiro di Devic era entrato di pochi centimetri, quello di Lampard a Sudafrica 2010 di oltre mezzo metro), ma sono un deterrente formidabile per tutti i falli da contatto, dalle spinte alle trattenute. Insomma, la loro presenza non è dal punto di vista filosofico alternativa a quella tecnologia. Almeno nelle grandi manifestazioni, visto che nessun paese ha sufficienti arbitri per proporre questa 'squadra' in ogni categoria. Concludendo? Blatter abbandonerà l'idea romantica del calcio uguale dal Mondiale al villaggio africando, sposando la tecnologia almeno per la linea di porta. E magari, senza tanto magari, presentandosi nel 2015 per un'altra rielezione sventolando la bandiera dell'innovazione. A Platini rimarrà la Champions League, ormai vera NBA del calcio e punto di riferimento del pianeta con esclusione di qualche settimana ogni quattro anni. A favore del francese, senza volerla tirare a Blatter che ha comunque una visione del calcio più organica di quella di mille Beretta messi insieme, la data di nascita. Stefano Olivari, 21 giugno 2012

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