La Germania non sarebbe una squadra di vincenti, secondo chi usa i parametri beceri riservati allo Zeman della situazione. Di più: avrebbe una paura folle dell'Italia (basta accendere la televisione per ascoltare questo concetto da vari orecchianti, quelli del genere 'Le squadre dell'Est sono forti fisicamente'). Ma sono discorsi che fa anche chi mette in relazione i risultati della Nationalmannschaft con il gioco espresso durante le manifestazioni. Quasi sempre al di sopra delle aspettative, come qualità, con grandi inizi di torneo e qualcosa che va storto sul più bello. Per farla breve, dopo l'Europeo del 1996 scippato a Nedved e compagni (con la fattiva collaborazione del futuro designatore Pairetto, che convalidò un gol di Bierhoff in clamoroso fuorigioco) la nazionale più nazionale del mondo non ha più vinto una grande manifestazione.
Al Mondiale 1998 la generazione dei Matthaeus e dei Klinsmann si fermò ai quarti, eliminata dalla miglior Croazia di sempre. A Euro 2000 i resti di quella squadra, allenata da Ribbeck, con qualche innesto di sangue nuovo (Ballack e Deisler) nemmeno andarono oltre il girone. Nel Mondiale 2002, con Rudi Voeller in panchina e un sostanziale rinnovamento, si arrivò fino alla finale con il Brasile persa di fronte a Ronaldo e senza lo squalificato Ballack: di quel gruppo faceva già parte, con gol (da prima fase), anche Miro Klose. La vera rivoluzione l'ex attaccante della Roma la fece nel 2004 in Portogallo, quando all'Europeo lanciò il ventunenne Lahm, il ventenne Schweinsteiger e il diciannovenne Podolski. Ebbe molto coraggio, Voeller. Fu criticato per l'uscita di scena già nella prima fase, però la storia gli ha dato a dir poco ragione perché quei tre ci sono ancora e da protagonisti.
Dimissioni di Voeller e panchina al tele c.t. Klinsmann, con Low assistente, per preparare i Mondiali in casa. Ogni italiano, non solo Grosso e Del Piero, ricorda come è andata a finire in quella semifinale che aprì agli azzurri di Lippi la strada per la finale. Terzo posto 2006 e finale a Euro 2008, fermati solo dalla Spagna di Aragones (uno a zero la finale, con gol dell'allora emergente Fernando Torres). Il resto è storia di oggi, con il lancio nel 2010 dei vari Khedira, Badstuber, Ozil, Muller, Boateng (Gomez era stato buttato nella mischia da Low a Euro 2008), eccetera, una quantità di complimenti da far paura (soprattutto dopo l'ottavo di finale con l'Inghilterra) e un altro amarissimo terzo posto dopo avere consegnato la semifinale alla Spagna dell'ammorbante tiki taka (ma segnò il grezzo Puyol, a un quarto d'ora dalla fine).
Insomma, il nucleo storico di questo gruppo è almeno dal 2006 che ha in canna una grande vittoria, che sarebbe la seconda dalla riunificazione della Germania (a Italia '90 c'era ancora la Germania Ovest). E non è un caso che sia stato fermato solo da un'Italia con una difesa invalicabile (2 soli gol subiti in 7 partite di quel Mondiale, autogol di Zaccardo e rigore di Zidane, quasi impossibile fare meglio), oltre che baciata dagli dei del calcio, e da una Spagna che con questo gruppo può tranquillamente concorrere nel bar dello sport storico come miglior squadra di tutti i tempi. Insomma, tutto si può dire, tranne che la Germania di Voeller-Klinsmann-Low sia un gruppo di perdenti. La domanda è alla fine una sola: la buonissima Italia di Prandelli è del livello almeno dell'Italia del 2006? Azzardiamo la risposta, che è un no. Meno tonica ed esperta in difesa, con meno alternative in attacco, se la gioca giusto con il centrocampo, ma solo perché i due più forti (forse uno, viste le condizioni fisiche di De Rossi) sono rimasti gli stessi.
Stefano Olivari, 26 giugno 2012