C'era una volta la voce del padrone, Andrea Agnelli da qualche mese si è inventato il conteggio del padrone. In un'Italia che non è più asservita ai voleri della Fiat, anche perché dall'Italia la Fiat sta uscendo, ma che nei suoi media ha mantenuto un riflesso condizionato di servilismo (quello che faceva ridere a battute dell'Avvocato tipo 'Baggio coniglio bagnato' , roba da rivalutare Martufello), il presidente della Juventus ha sostenuto che l'aritmetica della Juventus è diversa da quella della Figc. Ha senz'altro ragione, se ritiene che gli scudetti della Juventus siano trenta e non ventotto ha il diritto-dovere di dirlo. Una strategia comprensibile ma abbastanza misera, tanto per tenere sotto scacco la Figc e crearsi crediti di vario tipo. L'unica cosa non comprensibile della vicenda, al di là di patacche sulle maglie che fanno solo ridere, è il motivo per cui Agnelli partecipi al campionato italiano e non, ad esempio, a quello francese. Se fai parte di un'associazione ne devi rispettare le regole e le sentenze, posto che né le regole né tantomeno le sentenze siano sempre giuste. Di sicuro Agnelli ha aperto una strada: chiunque, da adesso in poi, potrà mettersi sulla maglia una frase che ricordi un proprio conteggio di scudetti o di altri trofei. Cosa potrà partorire la fantasia della Nike (Juventus, ma anche Inter e vari altri) se intuisce le potenzialità della maglietta con gli scudetti alla carta? Per la serie 'Ben Johnson, un oro olimpico sul campo', adesso la Figc deve concedere a tutti, ma proprio a tutti, di mettere quello che si vuole sotto lo stemma del club.
Twitter @StefanoOlivari