Supercoppa per dittatori

La Supercoppa italiana, fra Juventus e Napoli, si giocherà a Pechino l'11 agosto: dov'è la notizia? Anche dopo l'incredibile minaccia di Aurelio De Laurentiis, a due settimane dall'evento, un po' per guadagnarsi una facile titolo e un po' per furbizia (giocando più avanti, il presidente del Napoli ipotizzava addirittura Capodanno, si sarebbe affrontata una Juventus presumibilmente senza Conte in panchina per la vicenda calcioscommesse), nessuno ha mai seriamente pensando che si potesse non rispettare il contratto che la Lega Calcio aveva firmato e che imporrà un'altra Supercoppa in una città cinese entro il 2015 dopo quelle del 2009 (Inter-Lazio), del 2011 (Milan-Inter) e di quest'anno. Al di là di questo piccolo dettaglio del contratto e delle relative penali, mai la Juventus aveva pensato di rinunciare ad un'occasione di visibilità in un mercato come quello cinese e la sua posizione è stata decisiva per far venire un po' di coraggio all'inspiegabile (o fin troppo spiegabile) presidente di Lega Beretta. Mentre il Napoli, per cui 'estero' significa soprattutto 'italiani all'estero', sulla strasferta cinese è sempre stato abbastanza freddo. E va detto che nemmeno al San Paolo un Napoli-Juventus l'11 agosto avrebbe avuto lo stesso pubblico del derby milanese dell'anno scorso, sempre a Pechino: 80mila spettatori. In queste discussioni ci hanno sempre colpito due cose. La prima: da Milan-Torino del 1993 giocata a Washington, nessuno si scandalizza se la Supercoppa Italiana viene giocata fuori dall'Italia. Però, ragionando solo secondo convenienza, ai principali club italiani converrebbe allora iscriversi alla Premier League. La seconda: trasferte americane a parte (ricordiamo anche Juve-Milan del 2003 a East Rutheford, New Jersey), il calcio italiano presta la sua immagine per operazioni di marketing di stati dittatoriali o totalitari, quali la Libia (Juve-Parma del 2002 a Tripoli) dell'epoca e la Cina di adesso.