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Il perché di Capello e Ghedin

Redazione

11 settembre 2012

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E' possibile, se non probabile, che in tutta Malta non esista un allenatore più qualificato di Pietro Ghedin per allenare la nazionale che ha incrociato l'Italia nella corsa verso Brasile 2014. L'ex numero due di Maldini, Zoff e Trapattoni sulla panchina azzurra non è certo arrivato per caso, peraltro, visto che Malta l'ha già allenata dal 1991 al 1995 (i primi due anni solo l'Under 21). La domanda è: perché anche paesi con una grande tradizione calcistica e allenatori di livello internazionale ricorrono al c.t. straniero? Rimanendo in Europa, visto che in Africa e in Asia le risposte sono scontate, si va dall'Albania di Gianni De Biasi alla Svizzera di Ottmar Hitzfeld (tedesco), passando per l'Austria di Koller (svizzero), il Kazakhistan di Beranek (ceco), l'Azerbaigian di Berti Vogts (tedesco), la Cipro di Nioplias (greco), le Far Oer di Olsen (danese), la Grecia di Fernando Santos (portoghese), l'Islanda di Lars Lagerback (svedese), l'Irlanda di Trapattoni e Tardelli, il Liechtenstein di Zaugg (tedesco), la lituania di Laszlo (rumeno), la Russia di Capello, la la San Marino di Mazza, Con Ghedin fanno 15 commissari tecnici sui 53 totali delle federazioni affiliate alla UEFA, una percentuale enorme e che si potrebbe definire tranquillamente africana. Visto che la scelta di un allenatore straniero sarebbe semplicemente inconcepibile in paesi come Italia (Goodley risale alla notte dei tempi e comunque fece solo parte delle famigerate commissioni, Lajos Czeizler fu al Mondiale 1954 affiancato ad Angelo Schiavio ed Helenio Herrera durò pochissimo in tandem con Valcareggi nel post Corea), Spagna, Francia o Germania, viene da chiedersi come mai anche grandi nazioni come l'Inghilterra (prima di tornare al c.t. autoctono) abbiano compiuto la scelta esterofila. I motivi sono fondamentalmente quattro e spesso bilanciano le ovvie considerazioni in negativo (scarsa conoscenza della lingua, conoscenza dei giocatori, residenza). 1) Il commissario tecnico straniero, soprattutto quando è un grande nome o viene da una nazione con grande visibilità calcistica (per questo gli italiani, Zaccheroni compreso, piacciono tanto), mette d'accordo tutte le fazioni politico sportive del paese. Non essendo legato a nessuna delle conventicole locali, viene accettato o per meglio dire sopportato da tutti. 2) Lo straniero è utile per non far cadere la nazionale ostaggio del più grande club di quel paese, che di solito fornisce più di metà dei giocatori titolari. Infatti quasi tutti tendono verso convocazioni 'mosaico' per sottolineare la propria diversità rispetto alle faide provinciali. 3) Lo straniero ha un rapporto neutro con i media locali, viene giudicato solo in base ai risultati e non a simpatie-antipatie risalenti al passato. 4) Lo straniero può essere esonerato senza problemi, al di là di penali e aspetti finanziari. Nessuno combatterà battaglie per la sua permanenza e la federazione non sarà mai in imbarazzo. Per tutti questi motivi è probabile che il muro del c.t. locale cada anche in paesi insospettabili, visto che la globalizzazione non vale solo per i calciatori e (purtroppo) per le aziende manifatturiere. Difficile che questo accada in Italia, dove il mito degli allenatori più bravi del mondo è duro a morire. Twitter @StefanoOlivari

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