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Redazione

11 gennaio 2013

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Sono giorni di mercato. Quello vero, quello favoleggiato, quello discusso in tv. Ecco, da quest'ultimo resto sempre più colpito, partecipando pure di persona a trasmissioni di Sky o Mediaset. Breve inciso: il calciomercato è utile a spiegare l'economia del calcio, dal basso per salire sino ai macroscenari, e per questo mi appassiona. Dicevo: il mercato parlato. La terminologia è cambiata tantissimo, spesso senza che ce ne accorgessimo. Un tempo era tutto semplice: acquisto, cessione o prestito. Prevalevano i primi due, cioè si comprava o si cedeva direttamente da un club all'altro. Molte volte per montagne di quattrini, ricordo i 95 che Moratti tirò fuori un'estate per Vieri o i quasi 100 per Crespo della Lazio. Oggi operazioni simili sarebbero non solo inattuabili, ma neppure immaginabili. Fatto sta che in poche parole spiegavi tutto. La crisi ha finito invece per cambiare anche il lessico del nostro mondo. Oggi prevale ad esempio il prestito con diritto di riscatto. Tradotto per i pochi esperti, altro non è che un prestito che si chiuderà al termine della stagione con il pagamento fissato per il cartellino. Non è un diritto, è un obbligo, ma serve a posticipare di qualche mese la spesa finale. Poi abbiamo il prestito secco, sempre più raro, e figlio di un altro tempo. Quindi il prestito oneroso, ovvero che prevede un pagamento, sai chea eccezionalità. Da qualche tempo si è aggiunto anche il riscatto legato al risultato finale del campionato. Mi risulta che la Juventus lo avesse inserito nel prestito di Borriello un anno fa e che il Napoli lo abbia voluto in quello in via di chiusura con Calaiò: se andiamo in Champions paghiamo il rimanente, altrimenti nisba. Giunti sin qui non possiamo tralasciare la comproprietà, forma contrattuale che esiste solo da noi e che ha denunciato giorni fa anche Platini (oltre a Macia in una bella intervista a Repubblica). Il tal giocatore è impiegato nella squadra X, ma una metà è della squadra Y e l'altra metà della squadra Z. Pensate alla confusione che si genera nella sua testa. Spesso, per sopraggiunta, si inserisce una quarta squadra interessata all'acquisto dell'intero cartellino. Nella stagione della crisi, che morde il portafogli, ma allarga a dismisura il vocabolario (le parole non costano e leniscono), c'è infine la spalmatura. Che è banalmente un taglio dello stipendio, semplicemente allungato su più anni. Ma spalmatura fa pensare alla Nutella. Invece il colore è lo stesso, il sapore no.

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