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Redazione

18 gennaio 2013

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Se i due punti restituiti al Napoli, o per meglio dire regalati, dalla Corte di giustizia federale dovessero essere decisivi per lo scudetto la Juventus potrebbe avere qualcosa da dire. Perché è chiaro che questa sentenza è al 90% politica e non certo perché Paolo Cannavaro o Grava godano di chissà quali protezioni. E' politica perché Scommessopoli e suoi mille rivoli appena ha sfiorato grandi club è stata subito normalizzata, troncata o quantomeno sopita. E via con dibattiti in punta di diritto sulla responsabilità oggettiva, come se Sampdoria e Torino (che avevano patteggiato per una situazione analoga e hanno perso definitivamente un punto in classifica) facessero parte di un altro mondo. Va da sé che questa clamorosa marcia indietro lavora a favore anche della Lazio di Mauri, altra aspirante allo scudetto, e di altre squadre (Genoa in testa). L'aspetto più incredibile della vicenda non è stato il merito, cioè la valutazione del comportamento di Gianello (ha solo progettato l'illecito insieme a Giusti o ha anche fatto qualcosa di concreto per metterlo in atto?), ma il fatto che il procuratore federale Palazzi al termine della sua requisitoria non abbia fatto richieste alla corte: né un'assoluzione degli imputati né una condanna. Niente, un 'non so' inaccettabile proprio sul piano logico. Come a sottolineare di non avere una posizione e nemmeno un'opinone. Eppure in mille altri casi non si era mai fatto un problema nel far capire quello che pensasse, al di là dei procedimenti giudiziari. Cosa cambia adesso, in pratica nel calcio italiano? Tanto per uscire da noiosi discorsi su cavilli e interpretazioni. Cambia che di fatto non esiste più la responsabilità oggettiva, quindi i club possono andare più 'tranquilli' per quanto riguarda i comportamenti dei propri tesserati. Che quindi, semplifichiamo ma non troppo, potranno avere dal punto di vista della giustizia sportiva frequentazioni con tutti i criminali che vogliono: basta che non tarocchino in maniera diretta ed evidente le partite e il club di appartenenza non avrà danni. In altre parole, per comminare squalifiche serviranno prove evidenti dell'alterazione del risultato delle partite da parte dei tesserati: l'inversione dell'onere della prova diventerà un ricordo (non per chi subirà accertamenti fiscali, purtroppo). La giustizia sportiva diventa così simile a quella ordinaria, con tutte le garanzie e i garantismi del caso. Ma se siamo abituati, purtroppo, ad aspettare anni la sentenza per un omicidio, non siamo forse ancora preparati a guardare campionati con la certezza o almeno il sospetto che il verdetto del campo sarà ribaltato. E meno che mai a sospenderli (!) in attesa di sentenze definitive. Perché per i sette Tour de France tolti ad Armstrong. l'ultimo dei quali vinto nel 2005, non è sceso in piazza alcun demente nemmeno nella sua Austin. Ma il calcio, soprattutto in Italia, è un'altra cosa. Twitter @StefanoOlivari

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