Mario Balotelli al Milan è qualcosa di molto particolare, non solo perché il più forte giocatore italiano è tornato finalmente in Italia. Con i piccoli incidenti, come l'auto in sosta vietata a Linate, che tornano ad essere piccoli incidenti e non episodi di teppismo metropolitano come erano invece a Manchester. Balotelli al Milan è una cosa particolare perché l'attaccante non ha mai nascosto il suo tifo per la squadra rossonera, nemmeno nei quattro anni in cui ha giocato e vinto nell'Inter, culminati nel lancio a terra della maglia nerazzurra durante la semifinale di Champions con il Barcellona (gesto comunque migliore della sua prestazione, la peggiore in carriera). Una rarità, perché di solito di questo argomento i giocatori parlano malvolentieri: oggi sei qui e domani sei là, nella vita non si può mai sapere. La domanda, che può sembrare da bar ma che facciamo perché non siamo in lizza per il Premio Pulitzer (magari l'anno prossimo) quindi è la seguente: giocare e in generale lavorare per la squadra per cui si tifa è un vantaggio? In altre parole, lontano dalla Roma il posto nella storia del calcio di Francesco Totti sarebbe stato lo stesso? Ognuno ha la sua risposta, ovviamente tifosa. La nostra è che il tifo renda in generale meno lucidi, anche se ci sono le eccezioni. Da bambini Antonio Giraudo era tifoso granata, Pippo Inzaghi e Luciano Moggi interisti, Paolo Maldini a Adriano Galliani juventini, e potremmo continuare a lungo magari allargandoci verso altri sport (esempio: Marco Belinelli diventato una bandiera della Fortitudo dopo essere cresciuto nel vivaio della Virtus Bologna). Così come a lungo si potrebbe fare un elenco di personaggi diventati grandi con la 'propria' maglia. L'argomento fa sempre comunque molta presa, perché chi bacia la maglia (magari una diversa ogni anno) viene esaltato dai media e amato da chi non ha memoria (cioé quasi tutti), mentre chi non si lascia andare a dichiarazioni ruffiane viene giudicato un algido mercenario invece che una persona onesta. E quindi? Galliani ha vissuto il Milan come un impegno e un lavoro, poi trasformatosi in passione e in tifo (perché si tifa sempre per se stessi, in ultima analisi). Balotelli invece, a detta di chi lo conosce bene, come un sogno di bambino. Il primo ha lasciato il segno nella storia del club, il secondo la deve ancora scrivere. Rimane senza risposta la domanda sul perché si vendano più magliette milaniste di SuperMario che di El Shaarawy, da bambino tifoso rossonero ben più caldo rispetto a Balotelli.