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Redazione

15 febbraio 2013

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Oscar Pistorius è paragonabile a pochi altri campioni nella storia dello sport, non per le sue vittorie (un vincitore ci deve pur essere, in ogni gara), ma per il suo essere più grande e popolare di tutto il resto del suo movimento messo insieme. In pochi hanno seguito nel dettaglio le gare dei recenti Giochi Paralimpici di Londra, anche per la loro assurdità di fondo (il grado di disabilità altera le competizioni anche più del doping, basti pensare agli ipovedenti), ma anche in Italia chiunque sa chi sia Oscar Pistorius: personaggio anche fuori dalla pista, improbabile tifoso della Lazio e inevitabile ospite a Ballando con le stelle. Capace, dopo l'argento dei Mondiali di Daegu con la staffetta 4 per 400 sudafricana (correndo solo in batteria), anche di qualificarsi e gareggiare nei Giochi Olimpici propriamente detti: a Londra ha addirittura superato un turno nei 400 (con un ottimo 45''44, comunque superiore al suo personale di 45''07). Blade Runner non è diventato un simbolo solo per chi deve superare una menomazione fisica (lui all'età di 11 mesi ha subito l'amputazione di entrambe le gambe a causa di una malformazione) ma per chiunque nella vita si trovi ad avere cattive carte in mano. Veniamo al punto: l'uccisione della fidanzata Reeva Steenkamp, con modalità che mentre scriviamo queste righe sono ancora da accertare (le ipotesi vanno dal tragico incidente all'omicidio volontario, non è che ne sappiamo di più della polizia di Pretoria), è stata una tragedia non solo per la donna ma anche per tutto il movimento paralimpico. I media adorano distruggere gli idoli, così come costruirli, non per cattiveria ma solo per inseguire i gusti del pubblico. Per questo, a prescindere dagli sviluppi penali della vicenda, per il personaggio Pistorius siamo al capolinea. Con danni incalcolabili per un movimento sportivo che si è conquistato passo dopo passo un minimo spazio mediatico. Non è, insomma, come se la stessa cosa l'avessero fatta Federer o Messi. A queste considerazioni poi va aggiunto il ruolo di Pistorius nel suo Sudafrica: rarissimo esempio di bianco che piace ai neri, la sua immagine era una delle poche forze unificanti del Sudafrica insieme ovviamente a quella di Nelson Mandela (che non a caso lo ha sempre apprezzato, non solo per la comune passione per l'atletica), anche se a causa della criminalità oltre ogni immaginazione (gli inviati a Sudafrica 2010 raccontavano il contrario, senza cheidersi perché dovessero girare con guardie del corpo) era costretto a vivere in un quartiere blindatissimo e per ricchi della periferia di Pretoria. Il futuro, che per Reeva Steenkamp non esiste più, per quelli che rimangono è insomma più triste: per Oscar Pistorius, per il Sudafrica ma soprattutto per chi in tutto il mondo ha bisogno di speranza.

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