Sara Simeoni compie sessant'anni. Ma non è il solito compleanno con lo zero finale di un campione, da celebrare ricordando i suoi successi e la sua epoca facendo copia e incolla da Wikipedia (i cui testi sono spesso scritti meglio di un medio libro di sport in commercio). Sara Simeoni per l'Italia è stata molto di più di una campionessa, perché al di là dei risultati la sua importanza risiede nell'aver dato dignità allo sport femminile nel nostro paese. Non è stata la prima medaglia d'oro olimpica dell'Italia e nemmeno la prima nell'atletica (entrambe le le prime volte sono di Ondina Valla, a Berlino 1936 negli 80 metri ostacoli), ma è stata la prima in cui si è identificata una nazione che fino a quel momento aveva avuto solo eroi maschili: da Meazza a Coppi, da Nuvolari a Benvenuti, eccetera. Se il tifo per una Vezzali o una Pellegrini oggi ci sembra normale, così non era negli anni Settanta (del Novecento, non dell'Ottocento), quelli dell'emergere della saltatrice in alto veronese. Prima con il sesto posto a Monaco 1972, poi con l'argento di Montreal e la consacrazione di Mosca, chiudendo con un altro esaltante (viste le sue condizioni fisiche) argento a Los Angeles 1984. In mezzo il doppio 2,01 del 1978, rimasto record mondiale per 4 anni e in epoche recenti superato anche da Antonietta Di Martino (2,03) come record italiano, con Alessia Trost che promette di andare ancora più in alto. Oltre a sfide memorabili con Ulrike Meyfath, che insieme all'italiana fu la prima campionessa a usare la tecnica di salto Fosbury, e alla ventralista Rosemarie Ackermann. La Simeoni, così come il quasi coetaneo Pietro Mennea (i due si rispettavano e stimavano, ma avevano un approccio troppo nei confronti dell'atletica per amarsi) è stata capace di essere più grande del suo sport, coinvolgendo nell'attesa di molte sue gare anche quel pubblico trasversale a cui non importa niente dello sport ma che sa capire dove sono le emozioni. Una sorta di effetto Tomba, per fare un esempio più recente, quando davanti ai negozi di elettrodomestici in occasione delle gare si fermava gente che non aveva mai visto prima di quel momento una gara di sci e che dopo Tomba non ne avrebbe guardate più. Non sorprende che i dirigenti della Fidal di varie epoche, compresa quella attuale, e quelli del CONI, non siano stati capaci di utilizzare un personaggio e una persona positiva come la Simeoni, mai nemmeno sfiorata da uno schizzo di fango, per fare promozione all'atletica (lei la fa lo stesso, ma per iniziativa personale). Un modello femminile diverso dalla sciacquetta seguita solo per voyeurismo o dalla donna barbuta che ambisce ad essere un maschio di serie B, un modello davvero concorrenziale con quello degli uomini e forse proprio per questo fastidioso per qualcuno.
Twitter @StefanoOlivari