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Lo sport di Andreotti

Redazione

7 maggio 2013

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La morte di Giulio Andreotti ha scatenato i professionisti del cordoglio ma non ha fatto tacere, una volta tanto (lo diciamo in positivo, preferendo la sincerità), chi lo aveva criticato in vita. Del resto è probabile che un uomo pieno di ironia come lui fosse per cultura contrario ai santini post mortem. Per restare nell'orticello, però, bisogna dire che lo sport italiano a Giulio Andreotti deve parecchio. Prima di tutto perché da sottosegretario della presidenza del Consiglio con delega allo sport (a soli 28 anni, nel 1947, da pupillo di De Gasperi) inventò il CONI relativamente autonomo dalla politica che è arrivato più o meno fino ai giorni nostri. Di fatto nazionalizzò il Totocalcio e ne fece gestire i proventi a Giulio Onesti (lo storico presidente del CONI, famoso anche per la definizione 'ricchi scemi' affibbiata ai patron del calcio), con il mandato di non finanziare solo gli sport più popolari ma di dare spazio un po' a tutti. Da quella scelta intelligente, magari anche dettata da tornaconto elettorale, nasce un'Italia in grado di mettere in campo squadre almeno decenti in quasi tutte le discipline, invece di concentrarsi su quelle più popolari. A questo proposito, Andreotti fu sempre avversario dell'invasione di stranieri nel campionato di calcio, ritenendola negativa sia per i bilanci che per l'identità nazionale. L'Andreotti sportivo ebbe il suo momento migliore come presidente del comitato organizzatore dei Giochi Olimpici di Roma nel 1960, dopo aver battuto Losanna nel ballottaggio finale: che sia stata la più bella e romantica edizione di sempre ce lo diciamo di solito un po' da soli, ma è vero che furono Giochi ben gestiti in un'Italia che ancora si ricordava la guerra e che quindi poteva apprezzarne fino in fondo il messaggio positivo. Al di là della passione per l'ippica e le scommesse, sul piano mediatico l'Andreotti sportivo più famoso è quello in versione tifoso della Roma. Di certo non anti-laziale, essendo attento al consenso nella sua regione, ma sempre vicino alle vicende della società in varie epoche. Su tutte quella di Dino Viola, che fece eleggere senatore per Democrazia Cristiana e al quale 'sconsigliò' la vendita di Paulo Roberto Falcao. Si sente tanto parlare di giudizi 'storici', come se la storia fosse esente da pregiudizi (basti pensare al circo mediatico di ogni 25 aprile), ma quello sull'Andreotti sportivo non ha bisogno di aspettare tanto tempo: lo sport italiano può dire grazie a Giulio Andreotti, che in questo campo il suo minuto di silenzio se l'è ampiamente meritato.

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