Ci sono mostre belle e appaganti, che ti trasmettono sin dall'ingresso il sapore più autentico delle emozioni. In questo caso del calcio raccontato e ancora poco urlato, assaporato e non divorato in maniera compulsiva come avviene oggi con le tv a pagamento e i social network.
Figure mitiche come quelle di Helenio Herrera e Nereo Rocco offrono lo spunto per un tuffo romantico nel pallone del passato. Ma anche in una Milano assai diversa da oggi, quella del boom e dell'immigrazione accelerata, laboriosa e ottimista. Non a caso le prime fotografie riguardano proprio il sociale di quella città che divenne grande nel mondo attraverso il calcio, con le Coppe Campioni di Milan e Inter. Nel 1963 i rossoneri vincevano a Wembley, i nerazzurri si imponevano in Italia. Stupende le immagini dei primi grandi magazzini, dei grattacieli in costruzione, ma anche i filmati delle teche Rai con una città in fermento.
Se avete un'ora di tempo e siete a Milano, andate a visitare la mostra allestita a Palazzo Reale, ideale prosecuzione di quella organizzata la scorsa estate nel ricordo del Paron nella sua Trieste. Non c'è tantissimo materiale, ma ci sono grande attenzione e immenso affetto da parte dei curatori, in primis di Gigi Garanzini, che ha chiamato a occuparsi della parte storica John Foot, e che ha messo insieme la passione di un gruppo di amici. Gianni Mura ha offerto in visione la macchina da scrivere di Gianni Brera e la sua stilografica (non poteva mancare un ricordo del massimo cantore di quella stagione), Marino Bartoletti le vignette guerinesche di Marino Guarguaglini, Fiora Gandolfi, vedova del Mago, alcune delizie, tra cui il pallone di pezza che lei riprodusse sul modello di quella fatta dal tecnico argentino con le calze della madre.
Tra i cimeli più gustosi, le scarpe del paron, i suoi documenti scolastici come Nereo Roch, la sensazionale lavagna tattica mobile del Mago e i suoi appunti. Scriveva fitto fitto, su ogni cosa, dalle caratteristiche fisiche di un giocatore alla perfetta cromia dell'abbigliamento, dall'alimentazione migliore alla tattica. E poi le coppe vinte dai due mostri sacri in quella stagione storica, nonché una serie di fotografie altrettanto belle del loro legame.
Due stili, due modi quasi opposti di interpretare la vita. Come ha scritto Garanzini a suggello della mostra, «Quello che alle sei del mattino si alzava e quello che spegneva finalmente la luce. Quello che ai giocatori dava del lei e quello che dava del tu, e spesso del mona. Quello che si esprimeva per proclami e quello che la battuta innanzitutto». Messi a confronto, sovrapposti, uniti come la leggenda ha voluto fare a decenni dalla loro scomparsa. Struggente la testimonianza di Herrera che si fa accompagnare al cimitero di Trieste per salutare il vecchio antagonista di un tempo.
Di tutto, di una mostra interessante e comunque coraggiosa da allestire nel cuore di Milano, la cosa che ci è piaciuta di più sono stati i contributi delle teche Rai, giustamente valorizzati. Sentire direttamente la voce di questi due miti - a partire dalla famosa intervista di Brera a Rocco a Trieste - è anche una denuncia del ridicolo di tanti piccoli epigoni che si sono sentiti grandi senza ragione. In quella Milano del 1963 c'erano due giganti. Grazie a chi li ha voluti ricordare.
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