Stephan El Shaarawy si adatta perfettamente agli schemi del Milan. Forse non a quelli di Allegri, soprattutto da quando è arrivato Balotelli a confinarlo in un ruolo alla Ravanelli 2.0, ma di sicuro a quelli di Galliani. Che dal punto di vista del mercato sono sempre i soliti. Proviamo a ricordarli. Fase 1: ci si rende conto che un giocatore è al massimo del suo valore di mercato e che questo valore non potrà che scendere (vale per il trentunenne Ibrahimovic 2012 come per il ventisettenne Kakà del 2009), anche per via di qualche guaio fisico (da mesi il Faraone ha problemi al ginocchio sinistro). Fase 2: media e giornalisti amici, o perlomeno di area, iniziano a parlare di megaofferte da parte di minimo tre grandi club, a volte senza nemmeno porsi il problema non diciamo del vero ma almeno del verosimile (Tevez più 25 milioni che roba è?). Fase 3: scende in campo l'intermediario della situazione, il Bronzetti dei bei tempi o il Raiola di oggi, che a quei pochi club con i soldi veri fa capire che il giocatore è sul mercato e che può venire via con meno di quanto scrivono i giornali. Fase 4: si valutano le reazioni dei tifosi, anche per motivi politici. Se ci si rende conto di rischiare il linciaggio o l'impopolarità, come fu in una prima fase per Shevchenko o Kakà, si rimanda l'operazione. Se no si va avanti, con i soliti giornalisti amici che parlando 'necessità per il bilancio'. Fase 5: per non fare la figura dell'Udinese si tira fuori dal cilindro un campione scontento, il Robinho del passato o il Tevez di adesso, ma che sarebbe entusiasta di venire al Milan. Ovviamente autoriducendosi l'ingaggio, tocco di classe che non manca mai (chi sfoglia il giornale sul bancone dei gelati non si chiede, evidentemente, come mai nel mondo tutti tranne i calciatori aumentino i guadagni quando cambiano azienda). Fase 6: quando tutti i tifosi danno per scontato che l'El Shaarawy di turno possa partire, El Shaarawy parte. Magari non subito, ma fra qualche mese sì. E avanti con il prossimo, che non è fantacalcio individuare fra un anno in Balotelli. Non c'è più il Berlusconi di una volta, nel caso il concetto non fosse ancora chiaro.