Italia-Germania Ovest 4-3 lasciamola lì dov'è, non perché sia indiscutibile ma per la ovvia differenza fra una semifinale mondiale (quando la fase finale era a 16 squadre, oltretutto) e una partita di girone in un torneo importante ma che non fa entrare nella storia del calcio. Però contro il Giappone, soprattutto per come si era messa (0 a 2, dopo il generoso rigore trasformato da Honda e il goal di Kagawa), la Nazionale di Prandelli ha mostrato una volta di più di avere un buonissimo spirito. Attitudine che va valutata soprattutto nelle partite no, come è stata quella di Recife: centrocampo lentissimo e sempre in ritardo, un supporto a Balotelli inesistente (nella mezzora in cui è stato presente, Aquilani ha fatto molto peggio del Marchisio anti-Messico), una difesa in cui tutti, in particolare De Sciglio, volevano fare i brasiliani. Tempestivo Prandelli nel buttare dentro Giovinco ben prima della fine del primo tempo spostando un positivo Giaccherini dietro le punte, rabbiosi almeno per un quarto d'ora gli azzurri che si sono ritrovati in vantaggio con un altro rigore dubbio. Poi la squadra di Zaccheroni ha di nuovo ripreso il pallino, dominando fino alla fine: segnando il 3 a 3, sfiorando il 4-3 più volte fra legni e sfortuna, subendo la beffa di Giovinco nel finale e vedendosi annullare il 4-4 per fuorigioco. In sintesi, il Giappone ha dominato per almeno 70 minuti su 90 la squadra vicecampione d'Europa e ha perso in maniera immeritata. Insomma, la citazione dell'Azteca è poco più (speriamo) di uno scherzo giornalistico, anche se nemmeno in quella occasione l'Italia dominò. Al di fuori della santificazioni e del tifo, chiunque abbia visto i 90 minuti dei tempi regolamentari oltre alla divina follia dei supplementari, non può che elogiare il cuore degli azzurri di Valcareggi ma poco altro. Azzurri che però, contro un avversario fortissimo (con tutto il rispetto per i campioni d'Asia), tirarono fuori nella mezzora finale anche altre qualità guadagnandosi una meritata finale. Ma quando si gode di buona stampa vale l'inverso del teorema di Enrico Cuccia: i 4-3 non si pesano, ma si contano.