I 120 milioni del Real Madrid per Gareth Bale, sempre che alla fine l'affare (affare non si sa per chi) si faccia, hanno dato il via al solito moralismo anti-mercato che ammorba le estati fin dai tempi (1975) dei due miliardi del Napoli di Ferlaino pagati al Bologna per un Beppe Savoldi che poi giocò così così ed in ogni caso non ripagò il cosiddetto 'investimento'. Quante volte lo stipendio di un operaio sta nel costo del cartellino dell'esterno sinistro (ma fenomenale anche quando gioca al centro) gallese? Questo solo per citare la domanda più intelligente apparsa sui media spagnoli e non... Non sarà mai troppo tardi per capire che non esiste un prezzo 'giusto' di un calciatore, così come non esiste per una pesca o un lettore mp3. Se il Real Madrid scornato dal vedersi Neymar con la maglia del Barcellona è disposto a pagare quella somma o giù di lì, significa che quella somma dal punto di vista di Florentino Perez è giusta e non che Bale in assoluto valga 120 milioni né tanto meno che possa assicurare al Real la Decima (Champions). Nell'estate in cui il fair play finanziario dell'Uefa è stato solo una giustificazione per azionisti di maggioranza senza più soldi, continuano a valere le vecchie regole. Chi ha i soldi li può spendere come vuole. Non li hanno più, in senso no limits, le squadre italiane. Ma anche gli operai degli anni Ottanta, al di là del fatto che nell'Italia degli anni Ottanta gli operai esistessero e adesso quasi più no, costavano meno di Maradona e Zico.
Twitter @StefanoOlivari