La Lega Pro potrebbe non partire in questo fine settimana, se davvero i giocatori di Prima e Seconda Divisione si rifiuteranno di scendere in campo come annunciato dal presidente dell'AIC Damiano Tommasi. Essendo la ex serie C una categoria morta, dal punto di vista sportivo, mediatico e soprattutto finanziario, la materia del contendere è poco nota: in sintesi l'Associazione Calciatori sostiene che sia illegale l'idea ventilata della Lega Pro che lega ad una certa età media dei calciatori in campo (24 o 25 anni, ma tutto è trattabile) la distribuzione di contributi e che nemmeno le proposte delle ultime ore (età leggermente più alte, media calcolata su un minor numero di giocatori) siano accettabili. Al di là di come andrà a finire in concreto, la vicenda è dal punto di vista ideologico molto interessante e si presta a varie considerazioni.
1) In un campionato professionistico, quale formalmente è la Lega Pro, legare l'utilizzo dei giocatori all'età è una chiara discriminazione. Ma la Lega Pro ha avuto la furbizia di non stabilire una regola, bensì di incentivare un comportamento presunto 'virtuoso'. In punta di diritto Tommasi non ha quindi ragione e le minacce di 0-3 a tavolino (ma se nessuno si presenta perdono tutti 0-3 a tavolino?) fatte dal direttore generale della Lega Francesco Ghirelli hanno fondamento.
2) Nessuno, tantomeno i dirigenti di questa categoria (ma vale anche per la serie B), ha un'idea di cosa debba rappresentare la Lega Pro. L'Italia dei mille campanili? Allora i limiti di età non hanno senso. Un improbabile serbatoio di talenti per la serie A? In questo caso ogni squadra dovrebbe affilliarsi a una 'grande' alla luce del sole e l'utilizzo dei giovani sarebbe naturale, senza bisogno di incentivi (che, va ricordato, sarebbero ufficiosamente di 3 milioni per tutta la Prima Divisione di 5 per la Seconda: traducendo, meno di 100mila euro a squadra). Un palcoscenico minore per giocatori con un buon passato? A maggior ragione in questo caso parlare di giovani ha poco senso. La posizione della Figc di Abete è equilibristica, si è esposto solo il vicepresidente Demetrio Albertini (uomo AIC) dicendo che la Lega Pro dei giovani 'consigliati' rischia di essere solo una fabbrica di illusi.
3) Al netto delle battaglie di principio, la realtà della Lega Pro e anche delle categorie immediatamente inferiori è quella in cui il 35enne con un discreto nome riesce ad guadagnare buoni soldi per qualche stagione prima del ritiro definitivo. Situazione che fa comodo ai vari 'patron', che si fanno belli a livello provinciale con l'ingaggio low cost di gente che 'ha giocato in serie A' (magari 5 partite) e ovviamente ai calciatori stessi. Come tutti i sindacati, anche quello fondato dall'avvocato Campana fa gli interessi dei suoi iscritti e non certo dei giovani che ne stanno fuori, né tantomeno dell'Italia in generale.
4) L'AIC risulta essere, all'ultimo controllo, un sindacato unitario. Sfugge quindi il motivo per cui, se questo tema è così importante da minacciare uno sciopero, non siano stati coinvolti i colleghi della serie A. Il paese può sopravvivere alla sparizione della Lega Pro, ma non a due settimane di fila senza Juventus e Milan. Viene da pensare che ai calciatori 'arrivati' importi pochissimo di quelli che hanno avuto meno fortuna. Il 1968 di Rivera, Mazzola, Bulgarelli e di altri professionisti con un cervello (e un cuore) è forse finito.
Twitter @StefanoOlivari