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Impressioni (e commissioni) di settembre

Redazione

6 settembre 2013

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Il calciomercato è finalmente terminato e ancora una volta la sensazione di chi non ci guadagna (cioè di chi non prende commissioni dai club o 'gratifiche' dai procuratori per quel certo nome fatto girare al momento giusto) è che sia stato troppo lungo. Rimpiangere il passato, quando ad esempio il mercato degli azzurri doveva essere chiuso prima delle grandi manifestazioni (esempio: nel 1982 il Mondiale spagnolo fu giocato a calciomercato già chiuso per i suoi protagonisti, anche se poi con un escamotage Vierchowod, controllato dalla Sampdoria, passò dalla Fiorentina alla Roma), scalda il cuore ma non si può perché il mondo è cambiato. Ma terminare il mercato con le prime due o tre giornate dei grandi campionati nazionali già giocate è senza senso, oltre che ispiratore di irregolarità e situazioni grottesche. Cos'è che si è fatto a inizio settembre che non si sarebbe potuto fare entro metà agosto? Prima di Ferragosto Ancelotti credeva nelle buone condizioni fisiche di Kakà? E Marotta non sapeva di dover cedere almeno una punta? Sottovoce, ma nemmeno troppo, lo hanno detto a Nyon anche gli allenatori di club di elite riuniti per il forum Uefa. Da Benitez a Villas Boas, il coro di chi deve lavorare con persone in carne ed ossa e non con figurine è stato unanime. Ma allora perché i club sono così, apparentemente, autolesionisti? Prima di rispondere guardiamo alle cifre: la Premier League in questa sessione di mercato ha mosso circa un miliardo di euro, sommano il valore degli acquisti e delle cessioni, circa un terzo più dell'estate 2012. Sceicchi, russi, americani e diritti televisivi hanno consentito un mercato da 40 milioni (il valore totale degli acquisti è di 800 milioni circa) per squadra in media (ingaggi esclusi). E' una media, visto che non tutti hanno fatto pazzie come quella dell'Arsenal per Ozil. E' curioso il fatto che il valore degli acquisti sia quasi il quadruplo di quello delle cessioni (che ha avuto un'impennata dopo l'affare Bale):  significa che dall'esterno del 'sistema', cioè da altri campionati arrivano pochissime risorse. Anche perché la Premier League è per quasi tutto il mondo un punto d'arrivo, sportivo prima ancora che economico, che ci piaccia o no. Il calciomercato italiano della serie A, per dare un termine di paragone, nel suo complesso ha avuto un valore di 400 milioni di euro circa. Non male, anche se poco rispetto alla Premier League e ai 900 milioni della Liga, peraltro in gran parte (de)merito di Real Madrid e Barcellona. Tutti indicatori di 'movimento', ripetiamo, non certo indici di ricchezza: teoricamente 20 squadre ognuna delle quali con 100 milioni di acquisti e 100 di cessioni tutti all'interno del proprio campionato, creerebbero un movimento 4 miliardi a fronte di un'immissione di risorse nuove nel sistema pari a zero. La partita di giro perfetta, insomma. Ma abbiamo tirato fuori tutto questo solo per rispondere alla domanda sul calciomercato interminabile... Quale è la commissione percepita da procuratori e intermediari vari? Quella dichiarata, nei bilanci delle società e in quelli degli agenti, è in media intorno al 5%, mentre quella non dichiarata si dice che sia (quando c'è, non è che siano tutti evasori...) di un importo come minimo uguale. In altre parole, 400 milioni di movimento creano almeno 40 milioni da spartire fra intermediari e, a volte, dirigenti delle stesse società che mettono in piedi un circo di acquisti e cessioni frenetico, che raramente incide sul valore tecnico delle proprie squadre. Aahhh, quei bellissimi specchietti in cui ogni club ha 20 acquisti e 20 cessioni... Non bisogna poi fare di tutta l'erba un fascio: per trattare un diciottenne brasiliano, con il cartellino magari diviso fra suo padre, una società di marketing e il club, occorrono competenze particolari, mentre non si può dire la stessa cosa per un giocatore di trent'anni venduto da un club spagnolo ad uno italiano, affare che ormai sembra impossibile senza la presenza di un mediatore (personaggi spesso squalificati o radiati, o loro prestanome). In questo quadro la classica marchetta al ristorante dove vanno in scena i presunti incontri è la cosa più innocente. Gli allenatori sono personaggi di questo sistema, non sono arrivati da Marte e sono pagati anche per ingoiare rospi, però capiamo che ad alcuni di loro avere lavorato due mesi con una squadra provvisoria possa dare fastidio. Twitter @StefanoOlivari

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