Cesare Prandelli ha finora fatto meglio di Maldini, Trapattoni, Lippi Uno e Lippi Due, qualificandosi alla fase finale del Mondiale con due giornate di anticipo rispetto alla fine del girone. Citiamo solo i c.t. paragonabili in senso storico, perché tutti gli altri la qualificazione hanno dovuto conquistarsela per una fase finale a 24 (Sacchi e Bearzot, perché Vicini nel 1990 e lo stesso Bearzot nel 1986 erano qualificati di diritto) o addirittura a 16 squadre: non occorre essere statistici per notare che tutto era almeno il doppio più difficile, anche al netto della disintegrazione post-comunista dell'Unione Sovietica, che non è che abbia mandato sul massimo palcoscenico dello sport tante squadre (giusto l'Ucraina della generazione di Shevchenko). Insomma, un 'bravo' a Prandelli, ma solo se lo rapportiamo all'era moderna. Il giudizio storico definitivo arriverà dopo il Brasile, ma intanto questi 9 mesi di attesa (anche del contrattone con un club da 'progetto') saranno dolci. E anche senza grandi polemiche, visto che è chiaro a tutti che questa è la Nazionale di Balotelli e del blocco Juve, più qualche indiscutibile come De Rossi e tutto sommato anche Montolivo. Il resto è contorno, che può esserci o non esserci a seconda dello stato di forma e dal salto di qualità manifestato nella stagione. Da Verratti a Insigne, a sperare possono essere in tanti ma al momento non si intravedono personaggi capaci di stravolgere le idee del c.t. Le stesse soluzioni estemporanee, tipo De Rossi centrale difensivo, sono già state viste e straviste (anche durante l'Europeo). L'unico rischio è insomma quello dell'unanimità di consensi, che potrebbe far calare pericolosamente la tensione. Dal 1982 i media sportivi italiani hanno sostanzialmente rinunciato al diritto di critica, timorosi di essere smentiti dai risultati del campo. Ma se uno capisse veramente di calcio proverebbe a fare l'allenatore. E se fosse un indovino si metterebbe a scommettere, non certo a commentare le vite degli altri. Poi Prandelli, meno spigoloso e più furbo di Bearzot, ci ha messo del suo nel creare questo clima soft intorno all'azzurro. Qualcosa del genere fece anche Lippi nel suo primo biennio da commissario tecnico, prima che Calciopoli e altre situazioni collaterali creassero quel clima da 'noi contro tutti' che aiutò, insieme a una difesa straordinaria e a poco altro, ad arrivare alla quarta Coppa.
Twitter @StefanoOlivari