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Bambini da Stadium

Redazione

2 dicembre 2013

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Antonio Conte era stato involontariamente profetico quando alla vigilia di Juventus-Udinese, parlando delle migliaia di ragazzini messi a riempire le curve squalificate dello Juventus Stadium, aveva detto 'I bambini di oggi sono gli ultras di domani'. Intendeva dire che domani raccoglieremo quanto seminato oggi, evidentemente. Al netto dell'evidente favoritismo riservato dalla Lega ai bianconeri (a Milano e Roma si è giocato con le curve vuote quando è scattata la squalifica per la peraltro grottesca 'discriminazione territoriale', valevole solo quando si parla di napoletani), l'esperimento è nella sostanza riuscito: i più di 12mila mini-giocatori (la maggioranza era di praticanti, un buon segno) hanno incitato la Juventus facendo i 'grandi' solo quando urlavano 'merda' ai rinvii di Brkic: non discriminazione territoriale contro il Friuli o contro al Serbia, ma ordinario linguaggio calcistico. Inutile fare la lezioncina a bambini in gita premio quando nella stessa giornata Bergamo era in assetto di guerra per Atalanta-Roma. Due sole considerazioni. La prima è che l'insulto è parte integrante del calcio italiano, ad ogni livello: è inutile prendersela troppo quando la stragrande maggioranza di chi segue il calcio, quindi non solo gli ultras, pensa che lo stadio debba essere una zona franca dove sfogare le frustrazioni di una settimana. Si possono mettere i cinema, i negozi e tutto, ma non si possono per decreto cambiare le persone (o i loro genitori). La seconda è considerazione è che quello delle famiglie, poste in contrapposizione al becero tifoso solitario o in branco, è un falso mito, funzionale solo a qualche articolessa ispirata dai neo-cementificatori. Le famiglie fanno mediamente schifo e i bambini nei loro comportamenti quotidiani si ispirano a chi hanno più vicino, non certo a Justin Bieber o al cattivo Balotelli del quale al massimo copiano la cresta: diversamente non ci sarebbe bisogno di migliaia di poliziotti per una partita di calcio. Concludendo? Non c'è alcuna speranza. Twitter @StefanoOlivari

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