Mario Balotelli non diventerà mai un campione. Ormai è chiaro. A 23 anni, quando Pelé aveva già vinto un Mondiale da protagonista e Ronaldo vinceva il suo primo Pallone d’Oro, Mario sembra un giocatore perso. Disperso. Lungi dal migliorarsi e crescere, i suoi atteggiamenti si sono fatti più insofferenti e grotteschi di prima, come se la sensazione di non reggere il ruolo attribuitogli dai media finisse per accrescere la frustrazione del ragazzo-papà.
Aveva ragione il mio collega Gianluca Grassi, che conoscendo i giovani meglio di tutti, già anni fa ci metteva sull’avviso: «Con quei comportamenti non andrà da nessuna parte». Vero. Come è vero che negli appassionati di calcio irrita la fama del personaggio, debordante rispetto al calciatore. Ma questo, almeno questo, non è colpa di Balotelli. Finché i suoi petardi, gli incidenti in automobile, le donne e le risse nei locali faranno più notizia di una sana normalità avremo tigri di carta e non di campo.
Detto tutto questo, mi resta una domanda dopo la sconfortante prestazione del Milan sul campo dell’Atlético Madrid. Ma qualcuno pensava davvero che Balotelli, il solo Balotelli, riuscisse a farsi carico di una squadra decotta, gonfiata dagli anni e dagli acciacchi di vecchie glorie? Trovo persino ingenoroso rifarsela con lui o con Seedorf, che ha la sola colpa di avere alzato le aspettative con materiale tecnico immutato rispetto ad Allegri.
Al Milan si è deciso da anni di guardare ai soldi, al bilancio. Altrimenti ci sarebbero ancora Ibrahimovic e Thiago Silva. Ma la cosa peggiore è avere spacciato per campioni giocatori che non lo erano, che non lo sono. Essien, Honda, Taarabt, Rami solo nell’ultimo mercato, ma anche lo stesso Kakà propagandato per nuovo, quando era uno scarto del Real Madrid.
Il Milan ha finito un ciclo. Ha finito tutto. Ecco: prendersela con Balotelli, ragazzo fragile e inadeguato al ruolo, lo trovo semplice e financo vile. L’obiettivo di questa distruzione sta più in alto di Mario.
@matteomarani