All'ultimo conteggio, dati di Deloitte, il fatturato dell'Atletico Madrid risulta meno della metà di quelli di Milan e Juventus (120 milioni di euro all'anno contro rispettivamente 263,5 e 272,4), oltre che quasi esattamente uguale a quello del Napoli, solo per citare le tre italiane che hanno partecipato alla Champions League 2013-14. Qualsiasi ragionamento sulla disfatta italiana in Europa deve partire da qui, non dal disfattismo cosmico che scatta nei media in situazioni simili. Disfattismo dove si mescola tutto: stadi vecchi (ma il Vicente Calderon ha 48 anni…), campioni che ormai sono di passaggio (l'Atletico quasi ogni anno è costretto a ridimensionamenti, se no si sarebbe tenuto Falcao), diritti televisivi (la seconda squadra di Madrid dalla trasmissione delle sue partite nella Liga ricava circa 42 milioni di euro, poco più di quanto riceva l'Udinese dalla serie A), fiducia nei giovani, eccetera. Nel meraviglioso, ricchissimo e fortissimo calcio italiano pre-Calciopoli, quello che oggi va di moda magnificare, ci sono state annate senza italiane nei quarti di finale ed il nostro calcio è andato avanti lo stesso, riprendendo a vincere quando ha avuto le squadre per farlo e queste squadre si sono giocate bene le opportunità. Poi Seedorf non è un allenatore (ma Conte e Benitez, allora?), il Milan è da rifare, Balotelli ha deluso (ma sulle sue condizioni fisiche c'è qualcosa di non chiaro), Galliani si sente in uscita e tutto l'ambiente avverte un'aria da 'rompete le righe'. I temi di discussione non mancano, ma dare per scontata la superiorità di questo Atletico Madrid, nemmeno di quello pirotecnico dell'era Gil, è da professionisti del giustificazionismo, difensori non dell'italianità ma della propria ospitata televisiva.