Maggio 1990, dopo un anno di purgatorio il Torino ottiene la promozione e torna in Serie A. I granata celebrano il traguardo e il presidente Borsano annuncia subito due colpi: Emiliano Mondonico per la panchina e Martin Vazquez come regista per il centrocampo.
Si iniziano a vedere già le prime bandiere spagnole nella curva del Torino perché in realtà, l’acquisto del mediano, è stato quasi del tutto formalizzato a novembre, mesi prima, un accordo in grado di portare un giocatore di primissimo piano in maglia granata direttamente dal Real Madrid.
Inizia così la storia torinista di Rafael Martin Vazquez, centrocampista spagnolo classe 1965, talento indiscutibile di fine anni 80. Cresce nel Castilla, società legata alla Casa Blanca, ed indossa definitivamente la casacca delle Merengues nel 1983, è uno della Quinta del Buitre, la coorte dell’Avvoltoio Butragueno insieme a Sanchis, Michel e Pardeza, una generazione fenomenale in grado di formare l’ossatura del Real dominatore della seconda metà degli anni Ottanta. I madridisti infatti vincono tutto: scudetti in fila, cinque per l’esattezza, due coppe Uefa consecutive e una coppa di Spagna. Martin Vazquez inizia a ritagliarsi il suo spazio e diviene in maniera inesorabile l’uomo d’ordine della mediana del Real, entrando nel giro della Nazionale con cui disputa gli Europei del 1988 e i Mondiali del 1990. Anche lui è uno di quelli che dopo la coppa del mondo organizzata nel Belpaese non torna a casa perché Torino lo attende, Borsano firma un assegno da oltre due miliardi e mezzo al Real e gli garantisce un triennale da otto miliardi, cifre spaventose per quel tempo e così il baffuto centrocampista abbandona Madrid per legarsi al neopromosso Toro.
Il 2 luglio Martin Vazquez sbarca a Caselle con i genitori, duecento tifosi lo attendono e inizia la sua avventura in Serie A. Il Torino stenta inizialmente in campionato, lo spagnolo malgrado qualche incomprensione con il tecnico si inserisce e prende in mano il centrocampo. Un lampo contro l’Inter spiana la strada al primo successo importante stagionale, il 10 torinista si esalta e trafigge Zenga su punizione. I granata crescono e chiudono la stagione al quinto posto, 38 punti, uno in più della Juve e si permettono di sbattere fuori dall’Europa i bianconeri facendo a loro volta il gran ritorno nelle coppe.
Ad impreziosire l’annata però, c’è anche il successo in Mitropa Cup dove il Torino supera il Pisa in finale e alza il primo storico trofeo internazionale. Vazquez mette il suo timbro sul match siglando dal dischetto il gol dell’1-1 che a cinque minuti dallo scadere manda tutto ai supplementari. Al 104’ Carillo spezza l’equilibrio e i granata portano a casa la coppa.
Lo spagnolo migliora, si prende il Toro e nella seconda stagione è particolarmente protagonista, con due assist manda in gol Casagrande nel derby, riordina il gioco, trova spazi e allarga il campo con aperture e tocchi smarcanti. I granata viaggiano spediti in Europa e arrivano fino in fondo, prima però, si tolgono la soddisfazione di castigare il Real in semifinale e Martin Vazquez riabbraccia il suo passato prima di affondarlo senza pietà.
Solo l’Ajax di Van Gaal interrompe il sogno granata, in finale i lancieri si impongono senza battere la squadra di Mondonico: finisce 2-2 al Delle Alpi e 0-0 ad Amsterdam, il cuore Toro sbatte contro tre pali, la coppa svanisce fra lacrime e delusione e Martin Vazquez si congeda.
Finisce all’Olympique Marsiglia ma è una breve e fugace esperienza, quando i francesi sollevano la Champions League Martin è già a Madrid, ancora una volta.
Altri tre anni al Bernabeu, in tempo per riempire ulteriormente la bacheca personale prima di finire nel 1995 al Deportivo e poi in Messico. Chiude al Karlsruhe nel 1999 ma il richiamo della Spagna è troppo forte e il terzo ritorno al Real si concretizza, ancora in campo ma per allenare le giovanili, fino a tre anni fa quando ha preso il ruolo di Valdano diventando General Manager del suo club, entrando stabilmente nella plantilla técnica del Madrid, la società che lasciò solo per indossare la maglia del Toro e affrontare il fascino del calcio italiano di inizio anni Novanta.
di Matteo Ciofi