Il Siviglia ha un terzo del fatturato della Juventus e meno di un quinto di quello del Real Madrid, e i suoi risultati in Europa dovrebbero far meditare chi, fra gli addetti ai lavori, riconduce ogni suo fallimento a fattori finanziari. Senza andare nella preistoria, negli ultimi 10 anni il club andaluso si è qualificato 2 volte per gli ottavi di finale di Champions e 3 volte ha vinto l'Europa League-Coppa UEFA: l'ultima a Torino, favorita anche da una strana interpretazione della posizione del portiere sui calci di rigore (Beto pensava di essere nella pallamano, forse). Non si può nemmeno dire che esista un grande progetto tecnico, al di là della bravura del direttore sportivo Monchi, perché la squadra di quest'anno ha poco in comune con quella dell'anno scorso e sarà senz'altro diversa da quella del prossimo: impossibile ormai trattenere Rakitic e Bacca, oltre ai tanti giocatori in prestito (M'Bia su tutti) che si sono valorizzati. L'ultimo calciomercato, sommando la sessione estiva e quella invernale, si è chiuso con un utile di quasi 57 milioni di euro, segno che la squadra non era certo sulla carta stata rinforzata. Kondogbia al Monaco, Medel al Cardiff City, Negredo e Navas al Manchester City, Luis Alberto al Liverpool, solo per citare le partenze più dolorose. E quindi? È molto più probabile arrivare in fondo alle competizioni europee quando hai CR7 e Bale, ma tolti quei pochi fuoriclasse al top del loro valore di mercato esiste nel calcio una classe media praticamente infinita, all'interno della quale chi è competente sceglie bene e chi è incompetente sceglie male. Perché alcuni giocatori venduti stra-bene venivano dalla cantera (su tutti Sergio Ramos, ma anche Navas e il cavallo di ritorno Reyes), ma il 90% sono stati operazioni di mercato, da Julio Baptista a Dani Alves. Per non fare esterofilia a buon mercato bisogna dire però prima di tutto che il Siviglia delle due precedenti Coppa UEFA aveva ben altre disponibilità finanziarie rispetto ad ora (la squadra allenata da Juande Ramos schierava, fra gli altri, Luis Fabiano, Kanouté e Poulsen) e poi che l'Italia è piena di direttori sportivi al livello di Monchi, Walter Sabatini in testa. Insomma, il mito del fatturato è usato in maniera spesso strumentale per sedare le rivolte di piazza. Prima di invidiare il Siviglia cominciamo a costruire i club partendo dai dirigenti veri, non dalle figurine o dai grandi ex.