Luciano Moggi è vivo e lotta, anche se non proprio insieme a noi. A 77 anni per l'ex re del calciomercato un nuovo libro e tante consulenze, i cui echi ci arrivano da ogni dove da peones ma anche da professionisti di rango. Di quelle italiane (Livorno, Bologna, eccetera) si è già scritto, senza contare la quantità di procuratori (fra questi alcuni nostri amici, andati di recente a genuflettersi per consigli e raccomandazioni a livello giovanile) e di addetti ai lavori che rimangono agganciati al suo carro sperando un domani di essere coinvolti nel calcio che conta. L'ultima voce ci rimbalza addosso dalla Romania, dove lo danno per molto vicino alla Dinamo Bucarest grazie anche all'amicizia con Pietro Chiodi, l'uomo in Italia dei famosi Becali (gli ex padroni del calcio rumeno, adesso malmessi fra carcere e altri guai). Moggi è entrato in contatto con Ionut Negoita, patron della Dinamo attualmente in difficoltà finanziarie, ed è addirittura anche andato a vedere qualche partita (testimoni attendibili lo hanno visto in tribuna a quella con il Sageata Navodari). Difficile che chi ha guidato la Juventus possa entusiasmarsi per la Dinamo Bucarest, con tutto il rispetto, ma probabile che una società amica faccia sempre comodo per affari ad ampio raggio, al di là delle quotazioni italiane di Lazar e Matei. Ma dicevamo del nuovo libro… si intitola 'Il pallone lo porto io', è uscito da qualche settimana per Mondadori e l'abbiamo letto davvero in scioltezza nonostante quasi ogni episodio sia già stato raccontato da Moggi stesso in interviste, editoriali, articoli di terzi, eccetera. Fra le storie inedite, o che perlomeno non conoscevamo già, di sicuro quella dell'arrivo di Ancelotti al Milan nel novembre del 2001. La premessa è che il fresco vincitore della Champions League non è mai stato l'allenatore preferito di Moggi, anche se lo ha avuto (o forse proprio per questo) alla Juventus in due anni e mezzo di rara sfortuna, con due scudetti scippati ai bianconeri dalle romane che dopo anni di investimenti 'dovevano' vincere (con la palude di Perugia e gli extracomunitari alla carta come storie più famose). Anche a distanza di anni, con diplomazia, Moggi sostiene che Ancelotti è 'troppo buono' e soprattutto 'troppo amico dei giocatori'. Niente a che vedere con Capello e con Lippi, anche se Lippi (aggiungiamo noi) è nei rapporti con i giocatori, a detta dei giocatori stessi, meno duro di quello che sembri all'esterno. La storia che non conoscevamo è la seguente: dopo l'esonero dalla panchina bianconera, a fine stagione 2000-01 e ancora con un anno di contratto, Ancelotti pensava di non avere chance ad alto livello in Italia e non stavano arrivando nemmeno grandi proposte dall'estero. A un certo punto si presenta il Galatasaray e Ancelotti, dopo mesi di disoccupazione, sia pure pagata, dice di sì. Appuntamento a Parma per la firma. Solo che poche ore prima Berlusconi ha deciso di esonerare Terim e non sa quale scelta fare per il suo successore. L'allora capo del Governo telefona a Moggi (non a Galliani!) e gli chiede un consiglio, che arriva immediato: "Ancelotti è l'allenatore ideale per il Milan". La firma con i turchi viene bloccata quando Ancelotti ha la penna già in mano proprio da una telefonata (con sim italiana) di Moggi, che invita Ancelotti ad andare a Milano dove Berlusconi lo aspetta a braccia aperte. Come sia andata in seguito lo sanno tutti, dalla Champions League 2003 vinta in finale a Manchester proprio sulla Juventus di Moggi e Lippi a tutto il resto. Si potrebbe senz'altro dire, se questa storia è vera, che Ancelotti deve gran parte della sua carriera di allenatore a Moggi. Rimane il mistero sul perché il direttore generale della principale avversaria del Milan abbia voluto consigliare a Berlusconi l'allenatore giusto per rilanciare la squadra. Forse in privato l'opinione (sbagliata, con il senno di poi) su Ancelotti non deve essere stata così alta. O forse Moggi ha sempre giocato un suo campionato, a prescindere dalla casacca indossata al momento.