La tristezza di Italia-Lussemburgo e la prudenza di tutti i commenti, quando in analoghe circostanze un qualunque allenatore di club, anche di quelli mediaticamente protetti, sarebbe stato linciato, confermano che non ci siamo ancora liberati della sindrome dell'Ottantadue. Del resto molti giornalisti sono quelli di allora e non certo perché i lettori ne reclamino gli articoli… Il concetto è chiaro: sospendiamo lo spirito critico prima del Mondiale, perché magari questi lo vincono e nel caso non lo facciano ci sarà sempre tempo per sciorinare il senno di poi. Rimane insoluto il mistero del perché in questi giorni si dovrebbero comprare giornali o guardare la televisione, ma non sottilizziamo visto che molti (non noi, che non ce l'abbiamo) sono convinti che lo stipendio sia una variabile indipendente. In altre parole, un pre-Mondiale sottotono e qualche polemica vengono ritenuti le condizioni ideali per fare bene. E poco importa che da Bearzot in poi quasi mai, per non dire mai, l'Italia si sia avvicinata a una grande manifestazione dando spettacolo, con il senno di poi che può dimostrare tutto e il suo contrario: lo stesso Lippi in due Mondiali diversi ha ottenuto il massimo e il minimo, campione 2006 ed eliminato prematuro 2010. Di certo c'è che dal 1966, cioè da quando il commissario tecnico è per la prima volta dopo l'era Pozzo diventato una figura autorevole, nessun avvicinamento al Mondiale (e sorvoliamo sugli Europei, con Zoff e Donadoni che si sentivano già esonerati) è stato tranquillo: Fabbri attaccato perché non riproponeva il blocco della Grande Inter, Valcareggi perché non puntava su Rivera, Bearzot perché non credeva in Pruzzo e Beccalossi, Vicini perché non dava abbastanza spazio a Baggio, Sacchi perché voleva solo soldatini, Maldini perché voleva solo difensori, Trapattoni perché pensava solo agli avversari, Lippi perché dietro aveva Moggi, fino ad arrivare ai giorni nostri. In realtà Prandelli, che non ci piace come personaggio (come persona non lo conosciamo, invece) ma che finora come c.t. ha lavorato molto bene (difficile fare di più di quanto visto a Euro 2012 e l'anno scorso in Confederations Cup), fra le sue intenzioni aveva quella lodevole di creare una discontinuità rispetto al passato: non più muro contro muro, la Nazionale contro i giornalisti e anche gran parte dei tifosi, ma la squadra di tutti che tale deve rimanere a prescindere dai risultati. I media l'hanno aiutato, quasi tutti appecoronati nel giustificare qualsiasi scelta, starà a lui adesso dimostrare che si potrà fare bene anche senza inventarsi dei nemici. La vera novità del c.t. non è quindi Verratti titolare, che si è imposto da solo nonostante fino a tre settimane fa lo stesso Prandelli non lo vedesse nei 23, ma affrontare una grande manifestazione senza vittimismo preventivo.