Se
Roy Hodgson non fosse stato inglese sarebbe stato già esonerato dalla guida della nazionale, non tanto per l'eliminazione al primo turno del Mondiale (situazione che comunque non si verificava dal 1958, non contando ovviamente i Mondiali a cui l'Inghilterra non si è qualificata) quanto per l'atteggiamento con cui la sua squadra si è presentata in Brasile, che prescinde dai risultati: perché nel nostro personalissimo bar potremmo dire che per buoni tratti di partita l'Italia è stata dominata e che la sconfitta con l'Uruguay è figlia degli episodi, anche se subire un gol di fatto su rilancio del portiere avversario non può essere considerata sfortuna. Quella tra il fine carriera della generazione dei Gerrard e dei Lampard e il resto della rosa è stata una fusione fredda, senza nemmeno un allenatore capace di scuotere un ambiente convinto che il prestigio della maglia rappresentasse già metà dell'opera. Insomma,
nella sua intervista al Daily Telegraph Sven Goran Eriksson (tre quarti di finale in tre grandi competizioni, ricordiamo, con almeno due uscite-beffa) ha solo detto quello che tutti pensano, magari aggiungendo un po' di veleno personale, visto il modo in cui i media locali lo hanno trattato (per motivi extracalcistici, fra l'altro). Il problema in Brasile non è stato solo di qualità dei singoli o di bolsezza di un allenatore che avrà ancora minimo due anni per fare grandi cose, ma anche banalmente di modulo. Il 4-2-3-1 proposto ufficialmente da Hodgson è sembrato un 4-4-2 mascherato, con centrali poco creativi (Henderson non lo è mai stato, Gerrard non era nei suoi giorni migliori) e tutte le responsabilità lasciate a un Rooney un po' così e a uno Sterling al solito leggerino. E 4-4-2 nella versione Hodgson significa reparti che si muovono come se fossero due righelli: buona idea per portare una squadra da 0 a 50, un po' meno per portarla da 50 a 100. E quindi? Barkley, Oxlade-Camberlain, Shaw (Ashley Cole lasciato a casa sarebbe un altro capitolo...), Wilshere, lo stesso Sterling (per citare solo quelli fra i 23 mondiali), hanno un'età che gli consentirebbe di giocare nell'Under 21 e quindi il materiale su cui costruire un buona nazionale c'è di sicuro, anche perché Rooney ha solo 28 anni e la generazione di mezzo, quella degli Sturridge e degli Henderson, è abbastanza buona. Manca solo l'allenatore giusto, essere educati e simpatici sono qualità ma di sicuro non le uniche che contano.